Giuseppe Levi

(
1872
-
1965
)
Letto finora

Giuseppe Levi

Medico e insegnante di tre premi Nobel, Montalcini, Dulbecco e Luria, il primo in Italia a dedicarsi alla cultura in vitro dei tessuti.

Giuseppe LeviNato a Trieste il 14 ottobre 1872, alla morte del padre si trasferì con la madre a Firenze; in questa città di laureò in Medicina e Chirurgia, presentando una tesi svolta nell'Istituto di patologia generale diretto dal Prof. Lustig relativa alle alterazioni prodotte nel rene dal cloruro di sodio. Nella stessa sede si occupò della rigenerazione delle fibre muscolari e nervose nella coda delle salamandre e delle lucertole, in collaborazione con Galeotti.

Trasferitosi quale assistente nella Clinica Psichiatrica di San Salvi diretta da Tanzi, qui svolse ricerche sulla struttura del nucleo e del nucleolo delle cellule nervose mettendo in evidenza che il nucleolo è acidofilo e dà aderenza a piccole zolle basofile. Il reperto fu confermato da O. Vogt e da Hyden, i quali precisarono che il nucleolo è costituito da acido ribonucleico e le zolle da acido desossiribonucleico. Levi ha eseguito inoltre molte ricerche sulle variazioni della sostanza cromofila nei poichilotermi, a temperaura corporea artificialmente bassa. Le osservazioni di Levi sono confermate da Van Gehuchten, Marinesco, Lenhossek, Cajal e Robertson; quest'ultimo affermò che:

"of the many importants contributions that G. Levi has made to our knowledge of normal anatomy of the nerve cells, there is probable non more valuable that the clear and precise description that he has given of the structure of the nucleolus".

Dopo un anno di soggiorno a Berlino nell'Istituto diretto dal Prof. Hertwig ove si dedicò allo studio del condrocranio nel feto umano, nel 1898 ritornò a Firenze, assistente nell'Istituto di Anatomia del Chiarugi; vi rimase fino al 1910. In questo periodo si dedicò particolarmente allo studio dell'ippocampo e alla determinazione della grandezza delle cellule in mammiferi di grandezza somatica differente. In questa ricerca risultò che quelle cellule che perdono il potere di moltiplicarsi precocemente (quelle nervose) nel corso dell'accrescimento somatico aumentano di volume quanto più grande diviene il soma dell'individuo.

Egli dimostrò in particolare che nei neuroni l'aumento del volume del pericario si accompagna all'aumento dell'arborizzazione dendritica e, dove mancano i dendriti come nei gangli sensitivi, si verifica lo sviluppo dell'apparato fenestrato e dei parafiti. Sempre nello stesso Istituto svolse uno studio di istologia comparata sui gangli cerebrospinali in 50 specie: una monografia di circa 400 pagine di base agli studi futuri svolti in collaborazione con Tullio Terni, Rita Levi Montalcini, Hamburgher ed altri ancora.

Nel 1910 vince il Concorso ed attiva insegnamento e ricerca, arricchisce apparecchiature e biblioteca; entro il 1914 vengono pubblicati 37 lavori dei quali ventidue svolti dai suoi collaboratori. Essi riguardano:

1. grandezza delle cellule ed indice nucleo plasmatici;

2. grandezza e costituzione degli elementi perenni e costituzione del soma: sui dati di questo lavoro è fondata la legge di Levi, successivamente illustrata in una monografia ed ancora documentata da successivi lavori di Terni e Pitzorno;

3. i condriosomi nel corso di diverse attività cellulari;

4. la meccanica dello sviluppo;

5. lo sviluppo delle cellule visive;

6. i gangli simpatici;

7. il comportamento del tessuto reticolare del fegato a seguito di ferite asettiche dell'organo;

8. un trattato di tecniche microscopiche in collaborazione con Carazzi.

Nel 1914 si trasferì all'Università di Palermo; nonostante il poco tempo a disposizione (nel 1916-17 fu militare in Cadore) si dedicò primo in Italia ad un metodo di ricerca messo in luce da Harrison e sviluppato da Carrel nel 1912: la colturain vitrodei tessuti. Con questa tecnica studiò il comportamento di specie cellulari diverse, isolate senza limiti di tempo, sotto influenza di ambienti diversi; e ciò sia negli aspetti morfologici che in quelli chimico fisici. Questa via di ricerca è fondamentale nella sua futura attività con le quali raccoglierà molte informazioni in vivo su organi cellulari essenziali per le cellule (ad esempio i mitocondri) e preciserà proprietà biologiche delle cellule stesse, in particolare nervose.

Nel 1919 si trasferisce all'istituto di Anatomia dell'Università di Torino dove è successore di grandi Maestri quali Luigi Rolando, Carlo Giacomini e Romeo Fusari; vi ritrovò inoltre gli amici del tempo della gioventù fiorentina: Herlitzka, Carrara e Lugaro.

Nella prolusione al corso di Anatomia Umana il suo orientamento ad estensione biologica è ben dichiarato: ricerche sulle strutture microscopiche e submicroscopiche e integrazione con la fisiologia e la biochimica, vale a dire forma e funzione. Nel 1921 Egli scrive una monografia per la migliore conoscenza del fondamento anatomico e dei fattori morfogenetici del corpo e nel 1927 lo confermerà nella prefazione del suo trattato di istologia:Oggi sempre più è manifesto lo sforzo di porre in contatto l'istologia con la scienza della vita. Struttura e funzione non sono più in antitesi, grazie ai nuovi metodi: la coltura in vitro, la microscopia elettronica, la radiologia, l'istologia, rinnova metodi e finalità.

Nel 1925 e nel 1934 egli pubblica due opere, dedicate ai progressi della citologia e della istofisiologia; aggiorna su tutti i risultati ottenuti fino allora in vitro. La seconda opera (“Explantation, Besondèrs Die Struktur Und Diebiologischen Eigen” pubblicata suErgebnisse der Anatomie) è una monografia di 580 pagine sui risultati ottenuti con la coltivazione in vitro. Nello stesso anno il prof. Levi è parte attiva al primo congresso mondiale di citologia sperimentale che diverrà dal 1947 di biologia cellulare .

Nel 1927 presenta la prima edizione del trattato di Istologia; revisionerà la settima edizione delTrattato di Anatomia dell'Uomodel Chiarugi. Nel 1933 Levi, in collaborazione con G. Viale ed A. Pepere, presenta un trattato di fisiopatologia della vecchiaia e nel 1944 un'altro sull'accrescimento e la senescenza; in questi due trattati egli distingue i fenomeni derivati da processi patologici da quelli che possiamo chiamare di senescenza essenziale, in contrasto con l'orientamento generale degli ambienti medici.

Rievocare la figura di G. Levi quale ricercatore è un riconoscimento alla sua opera scientifica di risonanza internazionale; non meno ammirevole è la sua opera didattica in Aula ed in laboratorio. Renato Dulbecco lo ricorda come personalità dominante nella scuola di medicina; a lezione "sembra un domatore di leoni" ma gli studenti comprendevano la sua capacità formativa e non soltanto informativa e lo amavano. Nel 1932, al tempo del giuramento al fascismo, quando a lezione fu chiaro che non si sarebbe dimesso, fu accolto da uno scroscio favoloso di applauso perché tutti lo consideravano il loro grande Maestro. Per questa stessa ragione il mio Maestro ha avuto tanti allievi in laboratorio: molti, otto precisamente, divennero Professori e si trasferirono in altre Università italiane; tre di essi divennero premi Nobel (Levi Montalcini, Dulbecco, Luria). E' evidente che la scuola ha fornito loro l’entusiamo per la ricerca, la passione per il lavoro, l'autocritica; le scuole, dice Dulbecco, sono dei semenzai in cui i giovani si incontrano pieni di speranza e si stimano l'un l'altro: senza grande scuola raramente si formano grandi scienziati nella quotidiana vita del laboratorio.

Tutti, studenti, assistenti, professori, anche se dedicati a ricerche diverse si scambiavano consigli; eravamo amici sotto il controllo del Professore che non mancava di definirci geni o scemi con chiarezza e quindi con spirito costruttivo. Nel 1938, a seguito delle leggi razziali, Giuseppe Levi fuggì da Torino e raggiunse Liegi in Belgio con l'aiuto dei suoi amici locali; nell'Istituto di Anatomia Patologica diretto dal prof. Firket continuò i suoi lavori sulle culture in vitro. Il prof. Chevremont lo considera uno dei creatori dell'istologia: "pendant plus de deux ans, il m'a fait beneficier des ses vastes connaisances; je lui suis tres reconnaisant".

Nel 1941 rientra rocambolescamente in Italia girando da Torino a Ivrea nell'astigiano e scappando a Firenze. Nel 1945 è nuovamente a Torino, è reintegrato e quindi a riposo; nel 1947 il Consiglio Nazionale delle Ricerche gli affidò la direzione di un centro studi per l'Accrescimento e la Senescenza. Purtroppo in quel periodo Tullio Terni collaboratore ed amico viene radiato dall'Università di Padova e dall'Accademia dei Lincei e si suicida; per il Professore la sua morte e il modo con cui morì fu un colpo durissimo.

La sua prolusione nel settembre del 1945 al corso di Anatomia Umana dedicato alla memoria di Leone Ginzburg e di tutti gli universitari periti per la causa della libertà, ricorda che i quotidiani contatti con la studentesca hanno lasciato tracce profonde nel suo spirito e i vent’anni di lavoro nell'Università di Torino presentano il miglior ricordo della sua vita; dice anche dei professori e studenti che sacrificarono la propria vita per la salvezza di ciò che vi è di più sacro per la personalità umana e la libertà di pensiero. Ed onora i suoi Colleghi di Torino per non aver voluto pagare alla tirannide e sopportarono con fermezza sofferenze morali e materiali. Egli diceva: “durante questi anni nei quali sono rimasto lontano ho sentito più intensamente quanto fossi affezionato all'università nella quale trascorsi anni di fervido lavoro”.

Ancora una volta nel 1950, all'età di 78 anni, vola negli Stati Uniti e successivamente organizza in Brasile un laboratorio di biologia cellulare per la famiglia Matarazzo. Professore emerito dal 1948 continuò il suo lavoro scientifico in Istituto, pur afflitto dal dolore per la morte della moglie e dalle sue proprie difficoltà fisiche. Lo ricordo in Istituto, a volte a casa seduto al suo tavolo, ricco ancora di interessi scientifici ed entusiasta della discussione; a volte giulivo nei racconti sulle montagne da lui tanto amate, a volte pensieroso in solitario raccoglimento.

Nel 1923 gli fu conferito il premio Reale dell'Accademia dei Lincei. Socio Nazionale dell’Accademia dei Lincei dal 1926; Socio dell'Accademia Nazionale dei XL dal 1933; Socio Corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino e di Bologna, oltre che di numerosissime Associazioni e Società mediche straniere. Dottore honoris causa dell'università di Liegi, di Montevideo e di Santiago; medaglia d'oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.

Achille Mario Dogliotti, suo allievo ha scritto: Porto nel mio cuore come nella mia mente frammenti di saggezza e di sapienza dei professori Levi, Herlitzka, e Lugaro che mi accolsero nei loro istituti e nell'intimità del loro pensiero: vada a loro l'espressione del mio durevole affetto”, e così di tutti Noi allievi.

Chi scrive lo ricorda come uno dei Maestri che con la sua intelligenza lucida ed ostinata, con il suo credo nella missione di insegnante, ha saputo creare entusiasmo nei giovani che lo hanno incontrato in Aula ed in Laboratorio, contribuendo a costruire il loro futuro.

A cura di Guido Filogamo