Carlo Denina
Fu il primo piemontese a scrivere una Storia d’Italia. Acquistò celebrità europea.
Nato a Revello (Saluzzo) il 18 febbraio 1731 da famiglia modesta, dopo la morte del padre (1745) fu avviato al sacerdozio. Allievo del Collegio delle Province di Torino, divenne nel 1753 professore di Umanità al collegio di Pinerolo, e l'anno successivo fu ordinato sacerdote. Allontanato da Pinerolo ed escluso da tutte le regie scuole per aver composto una commedia, Don Margofilo, che gli ordini religiosi ritennero offensiva, trovò di che vivere come insegnante in altre località piemontesi. Nel 1756 conseguì a Milano, presso le Scuole palatine, il dottorato in teologia, da cui nacquero i due volumi di De studio theologiae et norma fidei (1758). Tale opera gli procurò il reintegro nei ruoli delle regie scuole, sì che nel 1758 fu nominato professore straordinario a Torino. Entrò in contatto nel 1760 con gli uomini di cultura che avrebbero dato vita all'Accademia delle Scienze, nonché con diplomatici stranieri presenti nella capitale sabauda. Lo stesso anno apparve, con la data del 1761, il fortunato Discorso sopra le vicende della letteratura, seguito nel 1762 dal Saggio sopra la letteratura italiana. Nel 1769 Denina pubblicò a Lucca un periodico dal titolo «Il Parlamento ottaviano, ovvero le adunanze degli osservatori italiani». Pur non assumendo posizioni radicali, il periodico suscitò l'ostilità della Santa sede, e non andò oltre i dodici numeri.
Nel 1769 uscì il primo volume del capolavoro di Denina, Delle rivoluzioni d'Italia; del 1770 sono il secondo e il terzo volume. Se per mezzo di quest'opera - più volte riedita - l'autore si rese celebre in Europa e ottenne nel 1770 la cattedra di eloquenza italiana e di lingua greca nell'Università di Torino, i capitoli finali non piacquero in taluni ambienti ecclesiastici. Denina volle replicare alle critiche con Dell'impiego delle persone, che, bloccato dalla censura, poté vedere la luce soltanto nel 1803, in una situazione ormai completamente mutata. L'intervento della censura impedì anche l'uscita di una Storia del Piemonte cui l'autore lavorò tra il 1773 e il 1776. Nel 1777, avendo tentato di far stampare a Firenze il Dell'impiego delle persone, fu privato della cattedra e relegato prima nel seminario di Vercelli (lo proteggeva il vescovo Costa d'Arignano, futuro arcivescovo di Torino), poi nella natia Revello. Nell'ottobre del 1779 gli fu permesso di tornare a Torino, dove frequentò la Società Sanpaolina, e alla fine del 1781 rientrò nelle grazie del re.
Nel 1781-82 diede alle stampe i quattro volumi dell'Istoria politica e letteraria della Grecia. Aveva ormai riacquistato una posizione di prestigio. Ma l'allettante offerta di Federico II di Prussia, che godeva fama di sovrano illuminato, lo indusse nel 1782 a trasferirsi a Berlino, dove divenne membro dell'Accademia prussiana delle scienze. Durante il periodo berlinese, prima e dopo la morte di Federico (avvenuta nel 1786), fluviale fu la sua produzione relativa agli argomenti più diversi. Spiccano le Lettere brandeburghesi (1786) e il repertorio bio-bibliografico La Prusse littéraire sous Frédéric II (1790-91, 3 voll.), in cui riservava a sé stesso ben 111 pagine. Del 1800-1804 è la Geschichte Piedmonts (3 voll.), che riprendeva e rielaborava la Storia del Piemonte composta quasi un trentennio addietro. Nel 1804 Denina passò al servizio di Napoleone, cui già l'anno precedente aveva dedicato il trattato glottologico La clef des langues, e si stabilì a Parigi, dove morì il 5 dicembre 1813. Poco noto è il suo soggiorno parigino; certo non venne mene la sua prolificità di scrittore, come attestano Le rivoluzioni della Germania (Firenze 1804-9, 8 voll., e Milano 1805, 6 voll.), un'opera progettata da oltre vent'anni, e l'Istoria della Italia occidentale (Torino 1809, 6 voll.).
A cura di L. Guerci