Tommaso Vallauri
Successore di Carlo Boucheron sulla cattedra di Eloquenza e poi di Letteratura Latina, erede della tradizione erudita tardo-umanistica.
Nato a Chiusa Pesio, Cuneo, il 23 gennaio 1805, morì a Roma il 2 settembre 1897.
Scolaro e successore di Carlo Boucheron sulla cattedra di Eloquenza e poi di Letteratura Latina, erede della tradizione erudita tardo-umanistica. La Vita di T. Vallauri scritta da esso (1862) precisa le tappe della sua esistenza: laurea in latino a 18 anni, lunga carriera di docente, seggio al Parlamento subalpino e, dal 1882, al Senato del Regno, avversione alla filologia di stampo germanico, militanza politico-culturale tra i cattolici ultraconservatori.
Gran parte della produzione di Vallauri consiste in opere redatte in latino per la scuola. Nascono così un manuale di storia letteraria (Historia critica litterarum Latinarum, 1849), vocabolari e lessici, due manualetti di storia antica, una collana di autori latini curata per l’Università. Fuori collana sono i lavori dedicati ai comici latini: Terenzio è stampato nel 1850; quattro commedie di Plauto sono commentate tra il 1849 e il 1855, senza che si mettano in discussione il nome o la tradizione manoscritta del poeta, oggetto privilegiato della ricerca filologica tedesca.
Dopo il 1858 (inizi della carriera politica) gli sforzi scolastici diminuiscono, ma Vallauri non cambia consuetudini e orientamenti di fondo, come mostrano le prolusioni e gli interventi che scandiscono l’intera sua attività. Raccolti in volumi (Scriptiones criticae, 1876; Opuscula varia, 1876; Acroases, 1886), tali scritti testimoniano fedeltà alla tradizione umanistica e ostilità dichiarata al metodo filologico tedesco. La polemica più nota è quella con F. Ritschl (professore di filologia classica a Bonn e a Lipsia) a proposito del nome di Plauto: Vallauri difende, con deboli argomenti ma con forte passione nazionalistica, i tria nomina del civis M. Accius Plautus contro il Maccius restituito dal filologo tedesco e invalso in sede critica (Animadversiones in dissertationem F. Ritschelii de Plauti nominibus, 1867). Dopo Ritschl tocca a Th. Mommsen, reo d’aver negato, nella sua Römische Geschichte, che le poesia abbia avuto fortuna nell’Italia antica (De Italorum doctrina a calumniis Th. Mommsenii vindicata, 1872). Dotti tedeschi all’esterno, italiani intedescati e liberali all’interno: questi i bersagli di Vallauri, che trova frequente ospitalità sulle colonne di "Civiltà Cattolica", in polemica con quanti sostengono la libertà e la laicità del sistema scolastico pubblico.
La pratica della scrittura latina non impedisce a Vallauri di segnalarsi anche come scrittore in lingua moderna ancor oggi apprezzato per le sue storie della poesia, delle istituzioni letterarie e universitarie regionali (Storia della poesia in Piemonte, 1841, Bologna, Forni, 1975); Delle società letterarie del Piemonte libri due, 1844; Storia delle Università degli studi in Piemonte, 1845-46, Bologna, Forni, 1970), in cui si coniugano ricerca antiquaria, culto delle memorie patrie e buone capacità narrative: doti, quest’ultime, confermate da una raccolta di Novelle (1873) che documentano lo spirito arguto e le convinzioni reazionarie dell'autore.
A cura di Gian Franco Gianotti