Luigi Einaudi

(
1874
-
1961
)
Letto finora

Luigi Einaudi

Economista, giornalista, senatore del Regno, fu il secondo Presidente della Repubblica Italiana.

Luigi EinaudiLuigi Einaudi nacque a Carrù (Cuneo) il 24 marzo 1874, primo di quattro figli. Nel 1888, dopo la morte del padre, la famiglia si trasferì a Dogliani, il paese d'origine della madre. Nel 1891 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Ateneo torinese, dove si laureò a pieni voti nel luglio 1895.

Einaudi fece parte del Laboratorio di economia politica fondato da Salvatore Cognetti de Martiis fin dalla fondazione. In quegli anni collaborò alla "Critica sociale" di Turati. Nel 1896 iniziò a collaborare a "La Stampa". Nel 1898 conseguì la libera docenza in economia politica. Nel 1899 venne nominato professore di Economia politica, Scienza delle finanze e Statistica all’Istituto tecnico Bonelli di Cuneo, poi all’istituto tecnico Sommeiller di Torino. Nel luglio del 1902, Einaudi venne nominato, in seguito a concorso fatto bandire dall'Università di Pisa, professore straordinario di Scienza delle finanze e Diritto finanziario, e chiamato a Torino alla Facoltà di Giurisprudenza.

Nel dicembre del 1902 venne nominato condirettore della "Riforma Sociale". Nel 1903 - l'anno del suo matrimonio con Ida Pellegrini, lasciò "La Stampa" a causa del crescente disaccordo con le posizioni fortemente filogiolittiane espresse dal giornale di Frassati, e iniziò la sua lunga collaborazione al "Corriere della Sera" di Albertini a cui aveva già saltuariamente collaborato fin dal 1899. Nel 1908 Einaudi divenne direttore della Riforma Sociale e vice-direttore del Laboratorio. Allo scoppio della Prima guerra mondiale fu sostenitore dell'intesa, come l'intero gruppo della Riforma Sociale.

Nell'ottobre 1919 venne nominato senatore del Regno. Dal 1920 affiancò all'insegnamento torinese quello milanese alla Bocconi, dove assunse anche la direzione dell'Istituto di economia, nello stesso tempo continuando la sua attività di giornalista sulle pagine del Corriere e su quelle dell'inglese "Economist". Dopo un'iniziale simpatia per il fascismo, il delitto Matteotti nel 1924 segnò il definitivo passaggio di Einaudi all'opposizione. Aderì all'Unione Nazionale di Giovanni Amendola, firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Croce, si dimise da collaboratore del "Corriere della Sera" in seguito al forzato abbandono della direzione da parte di Albertini.

Nel contempo venne estromesso dall'insegnamento all'Università Bocconi. Iniziò allora un periodo di studio e di insegnamento, ma non di rinuncia alla critica del regime, che egli svolse sulle pagine dell'"Economist" e della "Riforma Sociale", finché questa poté continuare le pubblicazioni. Nella primavera del 1935, in seguito all'arresto del figlio editore Giulio, nel quadro della repressione fascista del nucleo torinese di Giustizia e Libertà, la "Riforma Sociale" venne sospesa per "attività contraria agli ordinamenti dello Stato". L'anno seguente, 1936, Einaudi fondò una nuova rivista, la "Rivista di storia economica". Alla caduta del fascismo, nei 45 giorni di Badoglio, Einaudi venne nominato rettore dell'Università di Torino, ma il precipitare della situazione lo costrinse a rifugiarsi in Svizzera.

Nel dicembre 1944, quando la guerra volgeva ormai al termine, il capo del governo Bonomi lo invitò a rimpatriare e recarsi a Roma, per rivestire la carica di governatore della Banca d'Italia, incarico che Einaudi tenne fino al 1947. Nel giugno del 1946 venne eletto nelle liste liberali dell'Unione Democratica Nazionale all'Assemblea Costituente, e nominato membro della Commissione dei Settantacinque per la redazione del progetto di Costituzione. Nel maggio del 1947 entrò nel IV gabinetto De Gasperi come vicepresidente del Consiglio e ministro del Bilancio, con funzioni di supervisione dei piani di spesa degli altri ministeri e di coordinamento della politica economica generale.

L'11 maggio 1947 Einaudi venne eletto presidente della Repubblica. Nel 1955, alla scadenza del mandato presidenziale, Einaudi fu nominato senatore di diritto della Repubblica e, grazie ad una legge speciale, fu reintegrato a vita nell'ufficio di professore universitario. Morì a Roma il 30 ottobre 1961 a ottantasette anni. Dopo il funerale di stato la salma venne tumulata nel cimitero di Dogliani.

A cura di R. Marchionatti