Julius Robert Oppenheimer
Fisico teorico, ha contribuito allo sviluppo della meccanica quantistica e della fisica nucleare. Fu a capo del Progetto Manatthan.
"Signor Presidente, le mie mani sono sporche di sangue" disse un giorno Julius Robert Oppenheimer a Henry Truman, Presidente degli Stati Uniti d'America.
Era il 1946. La guerra era da poco terminata con la sconfitta dell'Asse e la resa incondizionata del Giappone.
Correva l'anno 1946 e l'eco delle bombe di Hiroshima e Nagasaki riecheggiava ancora in ogni angolo della Terra.
Era del sangue di quelle decine di migliaia di vittime che Oppenheimer, come capo scientifico del Progetto Manatthan, pensava di avere le mani lorde.
Mani che, sotto il controllo dei militari, avevano diretto, presso i tristemente famosi laboratori di Los Alamos, un gruppo scientifico costituito dalle migliori menti del periodo affinchè costruissero il miglior strumento di distruzione di massa mai creato.
Da quella esperienza, esaltante per alcuni terrificante per altri, ne nacque un Oppenheimer diverso, segnato da quella esperienza e pronto a sacrificare la propria carriera politica per bloccare la follia della bomba H.
Ma sarebbe anche emerso uno scienziato ambiguo; addirittura pericoloso per gli Stati Uniti del maccartismo più sfrenato, in virtù di un passato filocomunista che lo avrebbe portato a essere accusato di spionaggio e attività antiamericane.
L'uomo della bomba atomica nacque a New York da un'agiata famiglia ebrea il 22 aprile 1904.
Trascorse la fanciullezza nella città natale, vivendo in un grande appartamento con vista sul fiume Hudson.
A diciassette anni prese la via di Harvard dove le sue capacità vennero presto notate.
Inizialmente rivolto alla chimica, si avviò alla fisica sperimentale trascorrendo un periodo presso i laboratori di P. W. Bridgman.
Era convinto che la miglior qualifica che si potesse ottenere in quel periodo fosse quella del fisico sperimentale e, deciso a continuare per quella strada, si recò in Europa.
Prima venne accolto da J.J. Thompson al Cavendish Laboratory, poi passò all'Università di Gottinga in Germania.
Il viaggio in terra tedesca fu l'occasione di una radicale svolta negli interessi di Oppenheimer. Venne, infatti, in contatto con Max Born che lo introdusse a poco a poco nell'affascinanta mondo della fisica teorica. Mondo che stava vivendo una dei momenti più entusiasmanti e rivoluzionari di tutto il Novecento.
Rivoluzione che stava portando a concepire il mondo non più in termini di fisica classica ma in termini di fisica quantistica: dal determinismo classico delle traiettorie alla probabilità quantistica della funzione d'onda.
Nel suo viaggio in Germania, Oppenheimer venne in contatto con le menti che stavano concependo quella rivoluzione. E ne rimase folgorato, tanto da gettarsi subito nella mischia.
Il suo primo importante contributo riguardò l'interpretazione degli spettri molecolari.
La meccanica quantistica era in grado di dare una corretta interpretazione del fenomeno, sebbene piuttosto complicata e di difficile trattazione a causa delle interazioni tra nucleo e elettroni assai complesse da formalizzare.
Oppenheimer intuì che il problema poteva essere reso più facile operando delle "approssimazioni".
Certe interazioni, infatti, erano piuttosto piccole rispetto ad altre e il loro contributo poteva essere trascurato senza alterare il problema e la sua risoluzione; portando avanti questo metodo delle approssimazioni, Oppenheimer riuscì a rendere il problema facilmente gestibile.
Mostrò il suo lavoro a Born il quale ne colse subito la valenza, estendendo le intuizioni di Oppenheimer ai moti vibrazionali e rotazionali dei nuclei.
Correva l'anno 1927 e la teoria delle approsimazioni sugli spettri molecolari venne conosciuta come l'approssimazione di Born-Oppenheimer.
Successivamente Oppenheimer diede un altro importante contributo alla fisica teorica mostrando come un campo elettrico debole poteva estrarre un elettrone dall'atomo al quale era vincolato: grazie a un "effetto tunnel" l'elettrone poteva superare, anzi, attraversare la barriera di potenziale che lo teneva confinato. Poco dopo, George Gamow dimostrò che le disintegrazioni radioattive potevano essere descritte da una trattazione simile.
L'avventura europea di Oppenheimer ebbe termine nel 1929, quando decise di tornare in patria, in California. Accettò due offerte di lavoro, una presso l'Institute of Tecnology e l'altra presso l'Università di Berkeley.
Furono in questi tribolati anni Trenta, devastati dagli echi della grande depressione del '29 e ansiosi di riscatto e di rivincite, che Oppenheimer rivolse la propria attenzione ai problemi fondamentali della fisica teorica; ma fu anche in questo decennio che maturò certe convinzioni politiche, coltivando amicizie che si sarebbero rivelate pericolose per la sua carriera, che lo avrebbero portato nel dopoguerra a essere inviso agli occhi del governo e di alcuni colleghi che mal sopportarono alcune sue prese di posizione.
Come fisico teorico ebbe intuizioni importanti sulla teoria della "lacune" sviluppata da Paul A. M. Dirac e si interessò di elettrodinamica quantistica, sebbene non ne fosse particolarmente convinto, anticipando il concetto di "rinormalizzazione della carica".
Si dedicò felicemente alla teoria della relatività.
Con l'allievo G. M.Volkov portò a termine per la prima volta dettagliati calcoli sulla natura delle stelle a neutroni, arrivando a definire un'equazione che oggi è conosciuta da tutti i fisici relativistici.
Proprio nel campo dell'evoluzione stellare Oppenheimer, con un altro allievo Snyder, diede un contributo molto importante, pubblicando un articolo fondamentale per la scoperta teorica dei Buchi neri. Secondo la loro teoria, la materia poteva colalssare indefinitivamente, oltre lo stadio di stella a neutroni, manifestando un comportamento fino al allora inconcepibile ma formalizzabile con leggi ed equazioni opportune.
Per lunghi anni la storia di questi oggetti fu lunga e ricchissima di aneddoti. Incomprensioni e pregiudizi all'interno della stessa comunità di fisici, assolutamente mal disposta, tranne rare eccezioni, ad accettare che la materia potesse comportarsi in maniera tanto esotica - collassate fino ad arrivare alle dimensioni di un punto - impedirono di comprendere la natura di certi comportamenti stellari.
Il contributo di Oppenheimer e Snyder, ben argomentato e supportato da calcoli convincenti, non fu compreso in tutta la sua valenza e per accettare l'esistenza dei buchi neri si dovrà aspettare gli anni Sessanta con la sua carica di personaggi rivoluzionari e irriverenti.
D'altronde anche lo stesso Oppenheimer si dimenticò presto di quegli strani oggetti e da lì a poco sarebbe stato chiamato a dirigere una delle imprese più controverse della storia: la costruzione della bomba atomica.
Giunse a capo del Progetto Manatthan con alle spalle una storia personale che destò subito qualche perplessità ma che, tuttavia, non gli impedì di dirigere il progetto sebbene, successivamente, ne affossò definitivamente la credibilità agli occhi di quel governo che gli aveva dato la possibilità di costruire la bomba.
Verso la metà degli anni Trenta, quando era impegnato a comprendere i lati più sottili e nascosti della Natura, venne in contatto con ambienti filosocialisti che ebbe modo di frequentare piuttosto spesso.
In parte fu una scelta dettata dall'avversione per il nazismo, in parte fu una reazione alla Grande Depressione del '29 che aveva messo in ginocchio l'America e il suo sogno.
Avrebbe poi detto "Iniziai a comprendere quanto profondamente potessero influire sulla vita degli uomini eventi di natura politica e economica" .
Oppenheimer, ricco borghese di New York, in un certo senso si svegliò dal paese delle meraviglie dove si era fino ad allora adagiato, e in questo di certo lo aiutarono anche i numerosi suoi studenti che in quegli anni Trenta stentarono a guadagnarsi una vita decente.
Come egli stesso ricorderà, venne introdotto da amici negli ambienti della sinistra americana nella primavera del 1936, dove conobbe Jean Tatlock, figlia di un noto professore universitario di Inglese, con la quale strinse una tenera amicizia.
La signorina Tatlock non aveva negato la sua appartenenza al Communist Party e non fece certo mistero con Oppenheimer del suo impegno politico fortemente schierato. In seguito, quando dovrà render conto di simili amicizie, Oppenheimer avrebbe sempre scagionato la Tatlock da ogni colpa scrivendo di lei come una persona che amava il suo paese le sue persone e il suo stile di vita.
Tuttavia, sebbene abbia sempre negato di essersi iscritto a organizzazioni di stampo comunista, Oppenheimer iniziò la fase politica della sua vita a supporto, anche economico, del Fronte Unito, organizzazione nella quale confluivano anche gruppi non comunisti a supporto di obiettivi umanitari.
Nel 1939 si innamorò di Katharine "Kitty" Puening Harrison, una biologa chiaramente legata agli ambienti comunisti, con la quale si sposò nel 1940, ed ebbero due figli.
Quando il suo nome fu preso in considerazione per il Progetto Manatthan, agli inizi degli anni '40, iniziò anche per lui la trafila di indagini e interrogatori a cui vennero sottoposti gli scienziati candidati a entrare a far parte del progetto bomba atomica.
Il controspionaggio americano non era del tutto convinto del passato filocomunista di Oppenheimer, tuttavia ritennero che quel ricco scienziato di New York, intelligente, abile, ma soprattutto molto ambizioso, non potesse compromettere tutto compiendo qualche scelleratezza.
E fu così che Oppenheimer, nel 1943, divenne il direttore scientifico del centro di ricerche di Los Alamos, posto da lui stesso scelto e indicato come ideale per portare avanti un progetto top secret di quella portata.
Il generale Groves lo considerava: "Un genio, un vero genio che sa tutto. Può discutere di qualsiasi cosa vogliate. Bè, non esattamente. Credo ci siano alcune cose di cui non sa proprio niente. Non sa alcunchè di sport."
L'Intelligence americana, comuqnue, continuò a nutrire sospetti sull'operato di Oppenheimer, anzi ebbe modo di ritenere che lo scienziato fosse in contatto con lo spionaggio sovietico e che passasse loro segreti sulla bomba.
Negli interrogatori che seguirono a questa spiacevole vicenda, Oppenheimer si presentò spontaneamente a testimoniare, sebbene la sua difesa fu piuttosto goffa e approssimativa.
Alla fine fu messo con le spalle al muro e fu costretto a fare dei nomi tra quella cerchia di amici della sinistra americana che aveva frequentato alcuni anni prima.
Di fatto Oppenheimer non venne incriminato e fu confermato alla direzione del Progetto.
La storia avrebbe insegnato che da Los Alamos partirono preziosissime informazioni sulla bomba alla volta del Cremlino, ma non fu Oppenheimer a passarle ma i famosi, in seguito, Carl Fuks e Ted Hall.
Nonostante i dubbi del controspionaggio, la scelta di mettere Oppenheimer ai vertici di comando si rivelò particolarmente azzeccata.
Lo scienziato si dimostrò abile e accorto nel gestire quella schiera di menti eccellenti che transitavano per i corridoi del laboratorio.
Sapeva ascoltarli, risovere i loro problemi, assecondare le loro richieste e soprattutto farli collaborare insieme per un unico obiettivo: costruire la bomba, anticipando i tentativi tedeschi e vincere la guerra.
E i vari mostri sacri, Hans Bethe, John von Neumann, Edward Teller, L. Szilard, Enrico Fermi, R. Feynmann, solo per citarne alcuni, alla fine riuscirono a costruirla: alcuni anche ad amarla, altri ad averne paura.
Alcuni di loro si resero presto conto della potenza distruttrice di quello che stavano costruendo e cercarono di porre un freno a quella corsa.
Leo Szilard, tra i più sensibili del gruppo di scienziati, si fece portavoce di tutti coloro che suggerirono di utilizzare la bomba solo a scopo dimostrativo, senza utilizzarla su un obiettivo civile.
Scrissero una lettera che giunse ai vertici; anche Oppenheimer la lesse, ma la ripiegò e la mise nel cassetto.
Il piccolo gruppo di cui faceva parte, insieme a Compton e Lawrence, all'interno della commissione governativa che doveva relazionare al governo e indirizzare le decisioni in ambito nucleare, non volle o non potè opporsi alla decisione finale: la bomba sarebbe stata usata su due città giapponesi.
Nel giugno del '45 la bomba era pronta per la prova finale.
Il test, nome in codice Trinity , prese avvio il 16 giugno.
"Io sono la morte: la distruttrice di mondi" ricorderà di aver pensato Oppenheimer dopo aver visto la potenza di quello che aveva costruito.
"Alcuni esultavano, altri piangevano, la maggior parte se ne stava in silenzio".
Il test era riuscito alla perfezione.
Il 6 agosto 1945 un raggiante Oppenheimer entrò dalla porta principale della sala riunioni dei laboratori, quando normalmente entrava dalla porta di servizio, e con aria trionfale annunciò a tutti i colleghi presenti la grande notizia: Hiroschima non esisteva più.
Intorno, tutti, o quasi tutti, applaudivano e battevano i piedi: il loro lavoro era servito agli Stati Uniti a vincere la guerra.
Ma al termine del conflitto, le fortune di Oppenheimer andarono lentamente esaurendosi.
Se da un punto di vista puramente accademico Oppenheimer andò a ricoprire una carica prestigiosa come direttore dell'Institue for Advanced Study a Princeton, ben presto punto di incontro dei migliori fisici del mondo, le cose volsero al peggio sul fronte politico e dell'impegno nelle alte sfere.
Dopo la guerra le armi nucleare furono messe sotto il controllo della Commissione per l'energia atomica (Atomic Energy Commission), all'interno della quale sussisteva un comitato per la sicurezza, il GAC (General Advisory Committe), guidato da Oppenheimer, del quale facevano parte anche Fermi e I. Rabi.
Invitata a esprimere un parere sulla costruzione della bomba H, la commissione ne sconsigliò la costruzione, sia per motivi tecnici ma soprattutto per motivazioni di ordine morale.
"La bomba", dicevano, "è di una categoria totalmente differente dalla bomba atomica... può essere la bomba di un genocidio".
L'opposizione di Oppenheimer alla costruzione di un ordigno senza precedenti, di una potenza distruttiva senza pari, fu pressochè totale.
Ben diversamente la pensavano i vertici militari e alcuni influenti scienziati.
I sovietici avevano dimostrato di essere in grado, prima del previsto, di costruire una bomba atomica, pertanto Truman e il suo entourage, basandosi anche su quello che dicevano fisici del calibro di Teller, decise di portere avanti la costruzione di "Super", la bomba termonucleare.
Il 1 novembre 1952 gli Stati Uniti effettuarono il primo test con una bomba H sull'atollo di Eniwetok.
Una esplosione ottocento volte più potente di quella di Hiroschima polverizzò le isolette scelte come bersaglio.
In seguito al suo netto rifiuto alla costruzione di "Super", l'operato di Oppenheimer fu ancora una volta messo sotto controllo.
In pieno maccartismo l'attività principale era quella di andare alla caccia delle streghe comuniste ovunque si nascondessero.
Con quel passato che si ritrovava, Oppenheimer fu un bersaglio ideale e la sua netta avversione al potenziamento dell'arsenale nucleare americano non faceva altro che confermare i sospetti: Oppenheimer era implicato in attività antiamericane.
Le cose peggiorarono quando Edward Teller, fortissimo sostenitore del programma nucleare, testimoniò contro Oppenheimer.
Molti colleghi furono solidali con il perseguitato scienziato e presero le distanze dal gesto di Teller, ma l'esito era ormai segnato.
Oppenhiemer fu screditato, tornarono nuovamente a galla fatti e persone degli anni Trenta e fu considerato un pericolo per la Nazione.
Con voto pressochè unanime fu cacciato dalla commissione per l'energia atomica.
Era il 1953 e la carriera dell'ambizioso Oppenheimer era appena giunta al capolinea.
Screditato agli alti vertici se ne tornò a Princeton a riprendere la via accademica, dopotutto era ancora uno scienziato di primissimo piano.
Vi rimase fino al termine della propria vita. Morì nel 1967.
Quattro anni prima, Oppenheimer aveva ricevuto da quello stessa organizazione che lo aveva bandito, la Commissione sull'energia atomica, un importante riconoscimento, il premio Enrico Fermi come parziale riabilitazione della sua figura.
A quasi trent'anni dalla sua scomparsa, nel 1994, un ex ufficiale del KGB, i servizi segreti russi, pubblicò una autobiografia secondo la quale fu Oppenheimer a consegnare a Mosca i segreti dell'atomica americana.
I più accaniti detrattori di Oppenheimer la interpretarono come l'ennesima prova di un tradimento mentre la maggior parte della comunità scientifica e degli ambienti meno conservatori ritennero infondate le dichiarazioni dell'agente sovietico indicando in altri gli esecutori materiali del tradimento.
Di fatto non c'è nessuna documentazione seria e attendibile che accerti le eventuali colpe di uno scienziato brillante e ambizioso ma profondamnete lacerato dalle implicazioni umane e morali di quello che stava facendo.
Dopotutto da Oppenheimer in poi i fisici di tutto il mondo conobbero il peccato.
A cura di Paolo Magionami