Alessandro Galante Garrone

(
1909
-
2003
)
Letto finora

Alessandro Galante Garrone

Fu magistrato per un trentennio, dedicandosi al tempo stesso agli studi storici. Nel 1969 divenne professore ordinario di Storia del Risorgimento nell’Università di Torino. Esponente della cultura laica e democratica torinese.

Alessandro Galante GarroneNato a Vercelli nel 1909, si laureò nel 1931 presso la Facoltà di Giurisprudenza con Federico Patetta, ma i suoi veri maestri furono Gioele Solari e Francesco Ruffini, più volte ricordati nei suoi scritti. Entrato in magistratura nel 1933, esercitò la funzione di magistrato per trent'anni, coltivando al tempo stesso gli studi storici. Durante la Resistenza rappresentò il Partito d'Azione nel Comitato di liberazione del Piemonte.

Il suo primo libro fu Buonarroti e Babeuf (1948), dedicato a Franco Venturi; seguì nel 1951 il fondamentale lavoro Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento, 1828-1837 (2ª ed. 1972). Studiò la storiografia rivoluzionaria e curò la traduzione e l'introduzione di L'Ottantanove di Georges Lefebvre (1949), così come di La Rivoluzione di Edgar Quinet (1951; splendido il saggio introduttivo). Fece parte della Société des études robespierristes e intrattenne rapporti con i più importanti storici della Rivoluzione francese, da Georges Lefebvre a Albert Soboul a Richard Cobb. Del 1959 è la biografia di Gilbert Romme (Gilbert Romme. Storia di un rivoluzionario, con prefazione di Georges Lefebvre; trad. francese 1971), frutto di lunghe ricerche. Sul personaggio tornò in anni successivi.

Professore incaricato dal 1953-54 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Ateneo torinese, poi vincitore, nel 1965, di concorso a cattedra, insegnò a Cagliari, e nel 1969 fu chiamato a ricoprire la cattedra di Storia del Risorgimento presso la Facoltà di Lettere dell'Università di Torino. Nel secondo dopoguerra divenne uno dei punti di riferimento della cultura laica e democratica torinese, in fecondo sodalizio con Norberto Bobbio e Franco Venturi. Sia sul piano dell'attività scientifica sia su quello delle scelte etico-politiche due dei suoi ispiratori furono Adolfo Omodeo e Gaetano Salvemini. Di Salvemini si occupò in libri appositi (Salvemini e Mazzini, 1981; Zanotti-Bianco e Salvemini. Carteggio, 1983), e a lui riservò ampio spazio nel volume I miei maggiori (1984). Altro maestro fu Piero Calamandrei, largamente presente in I miei maggiori e in Padri e figli (1986), nonché oggetto di una monografia nel 1987.

Studioso espertissimo della tradizione democratica italiana, in cui si sentiva inserito, pubblicò i volumi I radicali in Italia, 1849-1925 (1973) e Felice Cavallotti (1976). Occorre altresì segnalare L’albero della libertà. Dai giacobini a Garibaldi (1987), raccolta di contributi apparsi nell'arco di molti anni. Preziosa testimonianza della sua personalità e delle sue idee è Il mite giacobino. Conversazione su libertà e democrazia raccolta da Paolo Borgna (1994).

A cura di L. Guerci