Carl Sagan

(
1934
-
1996
)
Letto finora

Carl Sagan

Astronomo, divulgatore scientifico e autore di fantascienza, uno dei maggiori esponenti dello scetticismo scientifico del Novecento.

Carl Sagan"Ricordo bene dove mi trovavo quando l'Era Spaziale ebbe inizio. Il quell'ottobre del 1957 ero uno studente di dottorato in astronomia presso l'Università di Chicago...Ero sicuro che un giorno i voli spaziali sarebbero stati possibili...nonostante questo lo Sputnik 1 mi colse di sorpresa. Non avevo immaginato che i sovietici avessero potuto superare gli Stati Uniti...I sogni di visionari scienziati e scrittori, Kostantin Tsiolkovsky, Goddard, Von Braun, H.G. Wells, Edgar Rice Burroughs, stavano per essere realizzati..." (Carl Sagan, Dream Are Maps: Exploration and Human Purpose, The Planetary Report, 1992).
Con queste parole Carl Sagan ricordava l'inizio dell'era spaziale, quando ancora era un giovane e sconosciuto studente di astronomia. Ma fu in precoce età che iniziò a fantasticare su possibili mondi abitati, lassù, nelle profondità dello spazio.
"Mi fu assolutamente chiaro che, se le stelle erano come il nostro Sole, dovevano avere dei pianeti e su questi pianeti poteva esserci la vita... Ci pensai quando non avevo ancora otto anni".
Con la fantasia che mai lo abbandonerà Carl Sagan iniziò così la sua grande avventura dedicata alla ricerca della vita extraterrestre. Ricerca che gli assorbirà gran parte delle energie e per la quale, probabilmente, viene ricordato insieme alla sua straordinaria vena di divulgatore.
Ma, come avrebbe ricordato Steven Squyres, uno dei suoi migliori studenti, oggi professore alla Cornell University "Illuminati dal suo meraviglioso talento comunicativo, molte persone dimenticano di come egli fu anche un fenomenale fisico".
E Sagan fenomenale lo era davvero. Scienziato di prim'ordine e inarrestabile forza motrice della ricerca della vita su altri pianeti, riuniva in se la fervida immaginazione del giovane sognatore con uno scetticismo scientifico che gli consentiva di valutare lucidamente, senza essere sprezzante, sbrigativo o dogmatico, posizioni alternative alle sue.
La carriera del giovane Sagan iniziò a sedici anni quando si iscrisse all'Università di Chicago; nove anni dopo, nel 1960, giunse al Dottorato in astrofisica dopo aver conseguito una laurea in fisica e un bachelor (un primo stadio accademico) nelle arti libere.
Dopo le fantasie giovanili sugli alieni, la sua vena emerse chiaramente durante un congresso di astronomi incentrato sulle possibilità offerte dalle onde radio nella ricerca di vita extraterrestre. Fu l'illuminazione sulla via di Damasco.

Nel 1962 scrisse un lavoro con Joshua Lederberg, vincitore del premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1958, sulla possibilità che su Marte ci fosse vita. Per un forte sostenitore della vita extraterrestre come lui, la rossa luce del pianeta fu un faro che illuminò a giorno le sue speranze più sfrenate, sebbene amasse ripetere "dichiarazioni straordinarie necessitano di evidenze altrettanto straordinarie".
Ma a quel tempo, sul Pianeta Rosso di evidenze (straordinarie) non se ne avevano poi molte.
Prima che la missione Mariner 4 sorvolasse il pianeta nel 1965, su Marte si credeva ancora esistessero i famosi canali disegnati da Giovanni Schiaparelli alla fine dell'Ottocento.
Con il programma Mariner, Marte cambierà volto: da pianeta simile alla terra a brulla landa desolata fino ad arrivare a un pianeta con un passato, e forse un presente, più vivo e interessante di quanto si poteva allora immaginare.
Non per l'immaginazione di Sagan naturalmente, che entrò a far parte delle squadre che portarono avanti i progetti Mariner e Viking, fino a divenire uno degli elementi più influenti nei programmi di esplorazione della Nasa.
Quando la sonda Mariner 9 giunse sul pianeta, nel 1971, mise in luce un pianeta per certi versi inaspettato: un pianeta più vivo e interessante del brullo sasso spaziale che avevano mostrato le missioni precedenti.
Questo accese moltissimo l'immaginazione di Sagan. Il quale, proprio dai dati inviati dal Mariner 9, aveva giustamente interpertato quello che gli scienziati avevano chiamato "l'onda di oscuramento".
Secondo alcuni ricercatori, tra cui Carl Slipher, quella enorme zona oscura che si vedeva sulla superficie del pianeta altro non era che una zona ricca di vegetazione; per Sagan, invece, non erano piante quelle che si vedevano ma solo enormi tempeste di polvere alzate dai fortissimi venti marziani.
La sonda Mariner 9 dimostrò che Sagan aveva visto giusto. Non per nulla, alcuni anni prima, Sagan aveva saputo ben interpretare l'origine delle altissime temperature sulla superficie di Venere, previste da lui in base a un gigantesco effetto serra.
Quando la Nasa varò il programma Viking, espressamente destinato a ricercare tracce di vita su Marte, Sagan, entusiasta sostenitore del progetto, dovette far fronte a numerose accese discussioni, talvolta anche piuttosto surreali con i colleghi scettici e soprattutto poco inclini ad accettare che fosse destinata una immensa somma di denaro a una missione con altissime probabilità di fallimento.
Nel libro "Alla ricerca della vita su Marte" Henry Cooper, ricorda le discussioni che teneva con Sagan a proposito di forme di vita macroscopiche (i "macrobi") in grado di lasciare durante la notte file di orme sulla superficie del pianeta.
Quando anche Lederberg intervenne, la discussione rasentò il surreale
"Dato che su Marte fa così freddo è improbabile che esistano esseri notturni...è più facile che dormano".
Nonostante uno scambio di idee a tratti piuttosto originale, il problema era di quelli davvero impegnativi e la domanda a cui dare risposta era, nella sua banalità, di una difficoltà immensa: come avrebbero dovuto operare le Viking per ricercare forme di vita su Marte?
Carl Sagan era nel suo ambiente ideale.
Dopo aver chiesto ai colleghi una definizione esatta di vita, giacchè alla fine la questione ultima era questa, e una serie di parametri necessari a individuarla, stabilì il suo criterio che chiamò "disequilibrio termodinamico": in breve qualunque cosa potesse richiedere un consumo di energia, avrebbe potuto essere un indicatore di vita.
(A proposito di questo sarà chiamato a redigere il testo della parola "Vita", per l'Enciclopedia Britannica)
Alla fine le missioni Viking partirono come da programma con i loro esperimenti biologici a bordo.

Nonostante pareri ancor oggi non tutti concordi, le missioni Viking non trovarono prove significative della presenza di attività biologica sul pianeta. Naturalmente Sagan era più incline a pensare che non furono trovate prove concrete che potessero escludere questa possibilità.
In quella metà degli anni Settanta, Sagan trovò un valido e altrettanto entusiasta alleato in uno dei grandi pionieri nell'ambito della ricerca di vita extraterrestre, Frank Drake. Insieme portarono avanti un programma di esplorazione cosmica basato sull'utilizzo del potente radiotelescopio di Arecibo. Sagan, infatti, confidava molto sui radiotelescopi e sulle onde radio per inviare e ricevere segnali da eventuali civiltà extraterrestri.
Ma non tutti erano entusiasti dei suoi programmi, e non tutti nutrivano per lui grande simpatia. Più di una volta dovette difendersi da colleghi invidiosi e soprattutto da politici poco inclini a indirizzare finanziamenti verso una branca della ricerca per loro così poco produttiva.
"Urge una rete mondiale ben coordinata e strutturata per la ricerca di vita extraterrestre", era il suo grido di battaglia lanciato con la grande abilità di affabulatore quale egli era. Abilità che, appunto gli procurò qualche seria antipatia
"Carl era così bravo nelle pubbliche relazioni che gli procurò alcune gelosie da parte di quei colleghi che non erano bravi come lui...", dirà Elliot Levinthal, collega di Sagan per molti anni. Ciononostante, Sagan continuò per la sua strada, tanto da diventare piuttosto influente alla Nasa.
Quando l'agenzia spaziale americana si apprestò a lanciare nel 1992, dopo quasi venti anni dalle Viking, la sonda Mars Observer, Sagan non lesinò parole assai critiche nei confronti dell'agenzia per l'approccio grossolano e privo di strategie perseguito nell'ambito della ricerca di vita extraterrestre.
Per Sagan l'invio di una sola sonda dal costo esorbitante era semplicemente ridicolo. Goldin, a quel tempo neo amministratore della Nasa, così ricorderà quei momenti: "... sosteneva [Sagan, n.d.r.] che quello [il lancio della Mars Observer, n.d.r] non era affatto un programma, era solo uno sporadico evento, l'ultima barca fuori dal porto".
E ancora: "Sebbene avessi un mare di cose da fare e avessi parlato con un sacco di gente, Carl mi convinse a sviluppare una strategia, ad avere una visione per Marte". E la strategia, per merito del grande e visionario affabulatore, prese corpo e sostanza.
Fu così che, più o meno, nacque un programma ad ampio respiro che prevedeva di lanciare verso Marte un numero consistente di piccole sonde a basso costo con precisi e ben delineati compiti di ricerca. Il programma ebbe inizio con la fortunata missione Mars Pathfinder del 1996, alla quale si affiancò nello stesso periodo la Mars Global Surveyor.
Ma Sagan non fece in tempo a godersi le avventure esplorative del piccolo robot Sojourner; si spense il 20 dicembre 1996 dopo una dura lotta con un male difficile da sconfiggere.

In suo onore la base dalla quale mosse i primi passi il Sojourner fu intitolata Carl Sagan Memorial Station.

Bill Murray, illustre geologo del Californian Istitute of Tecnology, con il quale Sagan ebbe modo di intrattenere un vivace dibattito sulle questioni legate alla vita extraterrestre (Murray non era ottimista come Sagan) sperava che, nonostante le discussioni, "la sua grande passione, la ricerca della vita extraterrestre, specialmente quella intelligente, sarebbe fiorita mentre era ancora vivo".
Con la scomparsa di Sagan sono andate deluse le speranze di Murray e, soprattutto, si è avvertito il vuoto lasciato da una mente analitica ma originalissima e visionaria di uno che "deve pur avanzare delle idee ai confini del plausibile pre provocare i ricercatori al punto da motivarli...".
Di Carl Sagan, tuttavia, rimane una grande eredità. Seicento scritti scientifici e numerose pubblicazioni divulgative fanno parte di quel patrimonio culturale dal quale attingere a piene mani.

Il suo eccezionale talento nel raccontare la scienza lo ha portato a essere autore e curatore di una ventina di libri, molti dei quali bestseller, a condurre una serie televisiva, Cosmos, dal successo mondiale.
Senza dimenticare che fu, per dodici, anni editore capo diIcarus, rivista leader dedicata alla ricerca planetaria, nonche cofondatore e primo presidente della Planetary Society ed ebbe una lunga serie di riconoscimenti tra i quali l'alto riconoscimento conferitogli dalla National Academy of Science.
Ma più di ogni altra cosa, quello che rimane di Sagan è il suo spirito, sognatore e analitico, visionario e scettico, sempre pronto con la fervida immaginazione di cui era dotato a seguire i dati scientifici e farsi condurre anche su strade alternative o scarsamente battute.

I tanti suoi allievi, che oggi occupano poltrone importanti, sono la migliore testimonianza a ricordo del loro maestro e del suo modo di pensare. Un modo di pensare libero di sbizzarrirsi come meglio credeva.
Non per nulla non solo condusse importanti ricerche sulle origini della vita sulla Terra, dimostrando la possibile formazione di amminoacidi in una atmosfera primordiale di metano, ammoniaca, acqua e solfuro di idrogeno irradiata di luce ultravioletta, ma portò avanti ricerche su branche della scienza apparentemente fuori dal suo ambito di ricerca.
Fu lui, infatti, che, insieme a un gruppetto di colleghi, mise in guardia la comunità mondiale all'inizio degli anni Ottanta sul cosidetto "inverno nucleare". Sagan avvertì che, in seguito a una guerra nucleare, l'atmosfera si sarebbe riempita di una enorme quantità di polvere da ricoprire il pianeta e provocare un brusco e irrefrenabile abbassamento delle temperature, tale da rendere la vita, quella rimasta, praticamente impossibile.
La teoria, secondo quanto ha raccontato Sagan, nacque in seguito allo studio che fece dei dati inviati dal Mariner 9 della superficie di Marte sconvolta da un'enorme tempesta di sabbia.
Scrisse una volta su un suo libro (Pale Blue Dot) che "non si può prevedere dove ci porterà la scienza".
Di certo, per Sagan, la ricerca scientifica, e in particolare la ricerca della vita extraterrestre era più di un semplice programma di indagine. La sua visione di un piano di ricerca strutturato che coinvolgesse l'intera umanità è quasi una sorta di testamento spirituale e allo stesso tempo un augurio per il mondo intero:
"...l'esplorazione planetaria non può risolvere tutti i nostri problemi. Ma si può fare, non è dispendiosa, è pacifica ed è emozionante...Io credo sia nostro dovere cerare un futuro sicuro per i nostri figli, per realizzare una promessa fatta alcuni decenni fa dalla Sputnik 1 e dal Mariner 2 di aprire una porta sull'universo a quegli intrepidi esploratori che vengono dalla Terra". Alle nuove generazioni il compito di raccogliere il messaggio di Carl.
Intanto, nello spazio, stipato tra valvole e cavi elettrici, viaggia a bordo delle sonde Pioneer e Voyager un messaggio di pace, su una placca d'oro, rivolto alle civiltà aliene che le sonde terrestri incontreranno nel loro cammino.

Inutile dire di chi fosse quel messaggio.

A cura di Paolo Magionami