Wernher von Braun
Scienziato e ingegnere, capostipite del programma spaziale statunitense, contribuì a portare gli americani sulla Luna.
Era un adolescente poco incline allo studio il giovane Wernher, figlio del barone Freiherr Magnus von Braun e di Emmy von Quistorp, diretta discendente di Valdemar I di Danimarca (1131-1182). Amava la musica e le scienze, nonché scrutare il cielo con il telescopio che sua madre gli aveva regalato per la cresima, ma di studiare matematica e fisica proprio non ne voleva sapere e il rendimento scolastico nelle due materie lo dimostrava. Aveva di meglio da fare lui che dedicarsi allo studio; adorava rinchiudersi nel garage di suo padre per costruire un automobile e all'età di tredici anni applicò sei razzi per fuochi d'artificio a un trabiccolo che fece scorrazzare come una cometa per le vie della città. La gendarmeria arrivò giusto in tempo per il gran finale. Il botto conclusivo non fu affatto apprezzato e il giovane Wernher fu preso in consegna e riportato a casa dal facoltoso padre, direttore della Deutscen Raiffeeisenbank AG e, dal 1912, presidente della provincia di Posen.
Ma il destino a volte è bizzarro nel manifestarsi, e, a Wernher, si presentò proprio nel modo meno amato dal giovane. Un giorno si trovò di fronte uno strano libro dal titolo curioso Die Rakete zu den Planetenräumen (Il razzo nello spazio interplanetario) scritto da un certo Hermann Oberth pieno di strani e incomprensibili calcoli e formule, ma terribilmente affascinante. Chiese allora alla sua maestra come potesse capire cosa quell'uomo gli stesse dicendo. Con la matematica e la fisica, rispose lei. La vita del giovane Wernher cambiò in quel momento.
E la leggenda dell'uomo destinato a portare un americano sulla Luna ebbe inizio. Una leggenda di un uomo solo, ma dalla doppia vita: quella di Wernher Magnus Maximilian von Braun nato il 23 marzo del 1912 a Wirsitz nella Germania Orientale, di nobili origini prussiane, e quella del Wernher von Braun di acquisita nazionalità americana nato nello stesso giorno in cui si scomparve l'altra, il 18 settembre del 1945.
Due vite differenti, a tratti misteriosa e ancora sconosciuta la prima, leggendaria e pubblica la seconda, ma entrambe accomunate da un unico grande sogno: la conquista dello spazio.
Wernher Magnus Maximilian, secondo di tre fratelli (Sigismund era il più grande e Magnus il più piccolo), dopo gli studi compiuti nel prestigioso istituto fondato da Federico II, il Franzosisches Gymnasium, e quelli presso le scuole progressive fondate sul metodo di Hermann Lietz, entrò alla Technische Hochshule di Berlino nel 1930. Appassionato di razzi, venne presto a contatto con la persona che per primo, con quello strano libro, gli aprì gli occhi, Hermann Oberth. Insieme al grande pioniere dell'astronautica, Wernher ebbe modo di frequentare anche i giovani assistenti del professore, Klaus Riedel e Johannes Winkler, oltre allo scrittore Willi Ley che quattro anni prima aveva pubblicato un libro sul volo spaziale di grande successo.
Oberth, Riedel e Ley, nel 1927, avevano fondato la prima società al mondo dedicata alla tecnologia spaziale, la " Società per i viaggi nello spazio " (in breve VfR , Verein fur Raumschiffahrt). Una volta venuto in contatto con il vulcanico gruppo, anche Wernher entrò a far parte della società astronautica, insieme alle nuove reclute Rolf Engel e Klaus Riedel.
Il primo progetto di razzo sul quale lavorarono, il Kegeldüse, ebbe il primo battesimo del fuoco il 23 luglio del 1930 quando, di fronte a una commissione tecnica del Reichwehr fu sperimentato il motore del razzo. Più che dai risultati dell'esperimento, che peraltro riuscì bene, i tecnici furono impressionati dall'entusiasmo e dalle capacità del giovane Wernher che, dal canto suo, sperava di ottenere qualche finanziamento per la sua VfR.
Il passo successivo della società fu quello di costruire un razzo vero e proprio in grado almeno di sollevare il proprio peso. E prese corpo il progetto MiRak, che peraltro, al primo tentativo fallì. La battuta d'arresto non scoraggiò tuttavia quel gruppo di entusiasti pionieri dei cieli che si buttarono nella costruzione dei modelli MiRak II e III. Durante una di queste prove, Nebel e Riedel riuscirono a radunare un certo numero di industriali interessati alle loro ricerche; dopo aver fatto pagare loro un piccolo "biglietto d'ingresso", dettero inizio alla dimostrazione alla quale assistette anche Wernher che, nel frattempo, agli inizi del 1931, si era recato per un semestre presso l'Università di Zurigo per fare ritorno dagli amici nell'ottobre dello stesso anno. La dimostrazione fu un colossale fiasco, ma i soldi non vennero restituiti.
Verso la metà del 1931, comunque, gli esperimenti iniziarono a dare gli esiti sperati e con il MiRak III, ribattezzato Repulsor, vennero raggiunti i sessanta metri d'altezza. Perfezionando gli apparati di propulsione, impiegando ossigeno liquido e alcol, ed eseguendo decine di esperimenti al banco e lanci di razzi, la fama del gruppo crebbe grandemente. Anche al di là dell'Oceano si venne a sapere di von Braun e dei suoi amici tanto che anche Edward Pendry, il fondatore dell'American Rocket Society, si recò di persona a far visita al gruppo.
Ma ben presto la situazione politica internazionale andò mutando. L'incubo di Hitler stava per prendere forma e anche per i membri della VfR grandi cambiamenti erano nell'aria. La prima avvisaglia che qualcosa stava cambiando capitò quando, dopo quasi novanta lanci, un razzo si schiantò sul tetto di una vecchia capanna abbandonata. La polizia, sebbene non vi fosse stato alcun pericolo per le persone, decise che era giunto il momento di porre un freno agli esperimenti di quello stravagante gruppo e proibì i lanci di razzi sopra i cinque chili di peso.
Ma non era la polizia il problema più grande della VfR, bensì i soldi. A causa di finanziamenti sempre più scarsi Nebel chiese aiuto all'esercito. Inconsapevolmente Nebel con quella mossa segnò il destino del primo von Braun. L'esercito si interessò agli esperimenti eseguiti dal gruppo e, nella persona di Karl Becker, colonnello di artiglieria attorno al quale si era costituito un gruppo militare di ricerca sui razzi, assistette a una prova della VfR. Ancora una volta fu von Braun a impressionare i tecnici, e in primis, lo stesso Becker che gli propose subito di entrare nell'esercito. Il primo novembre 1932, a venti anni, Wernher von Braun firmò un contratto con l'esercito e si recò a Kummersdorf, la base operativa degli esperimenti del gruppo di Becker. Due anni più tardi la gloriosa VfR chiuse i battenti per bancarotta, mentre von Braun dopo essersi diplomato nel '32 in ingegneria meccanica, ottenne il dottorato di ricerca in ingegneria aerospaziale, sempre presso l'università di Berlino. La tesi venne classificata come "oggetto strategico segreto" e non venne pubblicata.
Intanto le sue ricerche sui razzi non conoscevano soste. Eseguì numerosi esperimenti con propellente liquido, concependo varie migliorie tecniche da apportare alla struttura per stabilizzarne il volo, ottimizzare il sistema di accensione e rendere più sicura la fase di iniezione dei carburanti. Nell'anno in cui Joseph Göebbels, ministro della propaganda del Terzo Reich, dichiarò che ogni attività che aveva a che fare con i razzi doveva restare di sola ed esclusiva competenza dell'esercito, von Braun effettuò due lanci del razzo Aggregat 2, soprannominato Max unt Moritz dal nome di due eroi dei fumetti, che raggiunsero quota 2.200 metri.
Ormai von Braun aveva radunato attorno a se un gruppo costituito da diverse decine di tecnici scienziati e, per sviluppare il nuovo e più potente A-3, ci fu bisogno di una base più grande. Nel 1937 il gruppo si spostò nel Mar Baltico, vicino alla foce del fiume Peene.
Il nome in codice della base segreta di cui von Braun assunse la carica di direttore era Heimat Artillerie Park 11, ma sarà meglio ricordata come la base di Peenemünde. Ben presto le dimensioni della base crebbero, così come i suoi abitanti. L'intera penisola a nord del centro fu invasa dalle famiglie dei tecnici e degli scienziati, mentre nuove strutture crescevano intorno alla struttura di ricerca: una centrale elettrica, un impianto per la produzione di ossigeno e idrogeno, gallerie del vento, caserme militari, rampe di lancio e una fabbrica di razzi. Naturalmente, non mancò di essere munita di un luogo dove radunare la "manodopera", e per lo scopo fu costruito un campo di prigionieri di guerra. Con il volger della guerra, il campo di prigionia si andò trasformando sempre più in un campo di concentramento vero e proprio.
Al termine del conflitto, nel 1947, Wernher von Braun avrà modo di dichiarare " Non vidi mai un cadavere, né assistetti a maltrattamenti o uccisioni". Fu davvero così? Neanche il trionfo del 1969 farà dimenticare il passato poco chiaro del grande scienziato, che, invero, dal canto suo, fu sempre animato da un genuino desiderio di costruire un mezzo che portasse l'uomo nello spazio.
In tempi di guerra un genio come il suo, però, non poteva essere sfruttato se non per costruire mezzi per vincere le guerre. E von Braun, che voleva viaggiare per lo spazio, costruì le famigerate V-2. Il 13 giugno del 1942, alla presenza della massime autorità del Reich, venne lanciato il primo A-4, il razzo più grande e potente fino ad allora mai costruito; il lancio fallì, ma cinque mesi dopo, finalmente, il razzo si staccò da terra, arrivò a novanta Km d'altezza e raggiunse la velocità di 1340 m/s. Dornberg, il capitano ai cui ordini attendeva von Braun, commentò così il gran giorno: " Abbiamo invaso lo spazio con i nostri razzi e, per la prima volta, abbiamo usato lo spazio come ponte tra due punti della terra. Abbiamo dimostrato che la propulsione arazzo è praticabile per i viaggi spaziali. Questo terzo giorno di ottobre [ il razzo fu lanciato il 3 ottobre 1942 n.d.r] è il primo di una nuova era dei trasporti, quella dei viaggi spaziali ." E' impossibile associare queste parole a un nazista impegnato a costruire bombe. Queste erano le parole di uno scienziato che esprimevano il sogno di von Braun e del suo gruppo. Sogno che costò allo stesso von Braun l'accusa del ministro Goebbels di essere poco interessato alle A-4 come armi di distruzione e troppo, invece, ai razzi per i viaggi interplanetari. Per intervento diretto del ministro per gli armamenti Albert Speer, l'accusa, che si era trasformata in una condanna al carcere, cadde e Wernher fu scagionato.
Intanto, la creatura di von Braun, in grado di portare una testata esplosiva di 800 Kg, venne presto ribattezzata con un nome tristemente famoso, V-2; iniziale della parola Vergelttungswaffe, arma di rappresaglia. L'otto settembre 1944, la prima V-2 colpì una città europea, Parigi. Poche ore dopo fu la volta di Londra, già martoriata dalle V-1. Si dice che quando von Braun venne a sapere che le "sue" V-2 furono usate contro la popolazione civile di Londra, abbia commentato: "Non dobbiamo dimenticare che questi lanci segnano l'inizio di una nuova epoca: quella della propulsione a razzo. Bisogna rassegnarci: è dimostrato una volta di più che molte nuove scoperte non portano a niente se non sono servite prima per impieghi militari" .
Ma il canto del cigno hitleriano non portò i risultati sperati, "Questa arma è prematura per questo conflitto" dichiarò Goebbels più tardi, e la guerra da tempo aveva preso una direzione segnata per il Terzo Reich. La cosa non sfuggì all'attento von Braun, che aveva sempre dimostrato di sapersi muovere con furbizia e attenzione. Peenemünde oramai era circondata. Da una parte i russi erano alle porte della base e dall'altra parte gli americani controllavano mezza Europa.
Iniziò allora una sorta di migrazione di massa per sfuggire ai russi. La base fu smantellata alla meno peggio e il 2 maggio 1945 un folto gruppo di tecnici e scienziati, tra i quali Wernher con suo fratello maggiore Magnus e Dornberg, si consegnarono nelle mani della 44a divisione di fanteria americana. Durante gli interrogatori a von Braun e al suo gruppo venne offerto un contratto di sei mesi per lavorare negli Stati Uniti allo sviluppo di razzi. Il primo ottobre del 1945 partì ufficialmente l'Operazione Paperclip, con la quale vennero trasferite nel suolo americano le migliori menti al servizio del Reich. Pochi giorni prima, il 18 settembre, von Braun con altri sei scienziati aveva raggiunto la Newcastle Army Air Base di Wilmington, nel Delaware. La vita del primo von Braun terminò in quel giorno. E iniziò la vita dello scienziato tedesco sotto la bandiera a stelle e strisce.
Agli inizi del '46 gli americani furono già in grado di lanciare dal loro territorio le prime V-2 di fabbricazione tedesca ben presto però imitati dai futuri nemici, i sovietici, che, sebbene non fossero riusciti a mettere le mani su von Braun, non se ne erano certo rimasti con le mani in mano, saccheggiando quello che c'era rimasto della base di Peenemunde e "arruolando" nelle loro fila molti dei tecnici e degli scienziati che non seguirono von Braun in terra d'America.
Intanto von Braun, durante una breve visita in Baviera, sposò la diciottenne Maria von Quistorp, una cugina da parte del nonno materno, dalla quale ebbe due figlie, Iris (1948) e Margrit (1952), entrambe nate negli Usa.
La vita privata di von Braun nel corso degli anni cinquanta mutò radicalmente; divenne ben presto un personaggio pubblico e di certo lui non fece nulla per non aumentare questa fama. Si guadagnò la copertina del Time nel 1951, scorrazzò in lungo e in largo a propagandare le sue teorie sulla conquista dello spazio, scrisse una serie di articoli di divulgazione spaziale che ebbero grande successo, apparve in televisione. Insomma l'America era in piena "febbre" da spazio e la fantascienza spopolò come non mai.
Uno dei portavoce più interessanti e di qualità di questa tendenza fu la rivista Collier's per la quale von Braun, previa autorizzazione di Washington, scrisse una serie di articoli nei quali raccontava il suo modo di viaggiare e colonizzare lo spazio: Crossing the Last Frontier (attraversare l'ultima frontiera), The Journey (Il viaggio), Man on the Moon (L'uomo sulla Luna), The Exploratium (L'esplorazione), Man's survival in Space (La sopravvivenza dell'uomo nello spazio), Testing the men (Uomini alla prova), The Baby Space Station (La stazione spaziale Baby), Can We Get to Mars ? (Possiamo raggiungere Marte ?). Nel febbraio del '53 anche l'italianissimo settimanale Epoca pubblicò un articolo di von Braun e di Fred Whipple, nel quale i due scienziati descrivevano un viaggio verso la Luna che, secondo loro, era possibile realizzare entro il 1978. Nell'articolo si parlava di una stazione spaziale orbitante dalla quale partire per far rotta verso la Luna e di "astrorazzi" costruiti in orbita da specialisti muniti di scafandri; ma si poteva anche leggere
"La Luna potrebbe diventare un trampolino di lancio per ulteriori avventure interplanetarie, oltre che una base militare di prim'ordine. Dalla Luna si potrebbe bombardare la Terra tramite razzi". Evidentemente l'avventura di Peenemunde era stata ben recepita dal tedesco.
Accanto alla spiccata verve mediatica, von Braun non trascurò certo il suo lavoro di scienziato. Nel 1950 il Governo spostò il gruppo di White Sands in quel di Redstone, nell'Alabama. Gli scienziati furono costretti a un altro esodo di massa, abbandonando, malinconicamente, i luoghi di El Paso dove erano riusciti a integrarsi bene. Presso il Redstone Arsenal a Huntsville, l'esercito fondò l'Army Ballistic Missile Agency, dove vi giunse in aprile von Braun. Ben presto si riformò attorno a lui un affiatato gruppo di amici e scienziati, la "Huntsville gang" animati dal vecchio e mai sopito desiderio di costruire razzi per le stelle. Il primo concreto risultato della banda di von Braun fu il razzo Redstone, lanciato nell'agosto del '53. Alto più di 17 metri e pesante 30 tonnellate, per la sua affidabilità verrà chiamato alcuni anni più tardi "The Old Reliable" (Il vecchio affidabile). Tre anni più tardi nel 56, von Braun cittadino americano già da un anno, fu pronto a lanciare l'evoluzione multistadio del Redstone, lo Jupiter C, in grado di mettere in orbita un satellite. L'ultimo stadio del razzo non riuscì a entrare in orbita, e la missione fu un fiasco. Il grande von Braun aveva forse commesso un errore? Niente affatto. In piena guerra fredda, gli Stati Uniti non solo dovevano combattere contro il pericolo rosso, del quale poco o nulla si sapeva dell'attività spaziale, ma anche con i nemici interni che si annidavano nelle varie istituzioni militari e civili che ruotavano attorno alla ricerca sui razzi. Il lancio dello Jupiter fu un fiasco perché i servizi segreti americani sabotarono il razzo di von Braun, inserendo dei sacchetti di sabbia al posto dei razzi che avrebbero dovuto mettere in orbita il quarto stadio del Jupiter.
Insomma una guerra nella guerra, che era iniziata due anni prima. Da quando nel '55 il presidente Eisenhower annunciò che nel corso dell'Anno Internazionale di Geofisica del '57, gli Stati Uniti avrebbero messo in orbita un satellite, si gettarono nell'impresa il team di esperti della marina, con il progetto Vanguard, e quello dell'esercito, con il progetto di von Braun. Fu scelto il primo, anche perché al presidente poco piaceva l'idea di conquistare lo spazio con un progetto militare. Sebbene fosse stato scelto il progetto della marina, von Braun non alzò bandiera bianca e più determinato che mai continuò imperterrito i suoi esperimenti. I fatti gli avrebbero dato ragione, nonostante il fallimento del primo Jupiter.
La svolta capitò nell'autunno del '57. Mentre il Vanguard collezionava una figuraccia dietro l'altra, anche in diretta TV, i misteriosi russi misero a segno un colpo sensazionale, assolutamente sconvolgente per gli spavaldi americani: il 4 ottobre 1957 fu messo in orbita lo Sputnik 1, cui seguì un mese dopo lo Sputnik 2 con a bordo la cagnetta Laika. Era troppo. Gli Stati Uniti, presi completamente alla sprovvista, si sentirono sconfitti e umiliati. Dopo l'ennesimo fiasco di un Vanguard, fu data allora carta bianca a von Braun e al suo progetto.
E il 31 ottobre 1958 il gruppo colse il primo grande successo: gli Stati Uniti risposero allo Sputnik sovietico immettendo in orbita l'Explorer 1. Nello stesso anno fu fondata un'agenzia con lo scopo di essere un ente civile che limitasse l'ingerenza dei militari nei programmi di conquista dello spazio: la Nasa. La grande rincorsa allo spazio era ufficialmente partita. Sebbene i russi collezionassero vari primati, arrivando prima degli americani a importanti risultati, basti ricordare Yuri Gagarin nel '61, il 16 luglio del 1969 sventolò sulla Luna la bandiera americana. E grande merito lo ebbe von Braun che consegnò giusto in tempo la sua ultima, straordinaria, creatura: il Saturno V, il razzo che permise il grande balzo.
La storia di quegli anni fu davvero intensa; la rincorsa allo spazio fu una battaglia che vide coinvolti uomini e strutture, tecniche differenti e spionaggio, passione e sacrificio anche di vite umane. Da una parte i razzi di von Braun e la politica di Kennedy, la Nasa e il George C. Marshall Space Flight Center di cui von Braun fu direttore, le missioni Gemini, Mercury e Apollo, dall'altra parte della cortina gli slogan di Nikita Krusciov, la solidità di Serghiei Korolev, Yuri Gagarin e le missioni Vostok e Voskhod. Poi l'Apollo 11. Al termine dell'impresa del secolo, al pari dei tre astronauti che compirono lo sbarco lunare, von Braun fu osannato in tutta America e divenne famoso in tutto il mondo. La grande pressione a cui fu sottoposto, insieme a tutto il suo staff, sortì i migliori effetti e il tedesco americanizzato ne uscì da completo vincitore. Quando nel 1970 divenne deputy associate administrator della Nasa, dovette trasferirsi a Washington i cittadini di Huntsville lo portarono a spalla in trionfo per le vie della città dedicandogli una targa a imperitura memoria.
In questo periodo von Braun, al top della fama, intraprese una serie di viaggi in giro per il mondo, compresa l'India e l'Iran, sempre pronto a divulgare le sue teorie e le sue esperienze sulla rincorsa alla spazio. Quando, a pochi passi dal Kennedy Space Center venne inaugurato il nuovo parco Walt Disney, con il quale più volte collaborò fin dagli anni cinquanta, fu progettata con il suo contributo la sezione dedicata al futuro, la Tomorrowland la cui parte più succosa era dedicata al viaggio verso Marte. Nel 1975 ritornerà per l'ultima volta al Kennedy Space Center, avendo lasciato la Nasa del '72 per "incompatibilità di ideali", in un'occasione storica: il rendez vous spaziale tra gli equipaggi Apollo e Sojuz. Salutò per l'ultima volta il suo giocattolo, il Saturn 1b per l'occasione, con le parole " Go baby go".
Dopo aver fondato il National Space Istitute e supervisionato il progetto SkyLab messo in orbita nel 75, morì il 16 giugno del 1977 ad Alexandria, in Virginia, per un tumore allo stomaco.
Il magazine Life ha inserito von Braun tra i cento uomini più importanti d'America nel corso del ventesimo secolo, essendo l'uomo che ha lanciato la più grande avventura di tutti i tempi, quella verso la Luna. Ma nello stesso anno in cui von Braun coronò il suo sogno e quello della America tutta, alcuni giudici della Repubblica Federale Tedesca decisero di riaprire il caso legato al campo di prigionia di Peenemünde, dove furono compiute diverse esecuzioni e le condizioni dei "lavoratori" erano quelle di un campo di concentramento. Lui si scagionò da tutte le colpe, dichiarandosi innocente e all'oscuro di tutto. Ma il dubbio rimase. Era davvero possibile che von Braun non si sia reso conto di quello che stava accadendo nella sua base? Quale fu il suo ruolo in quelle vicende? Quanto è costato in termini di vite umane il suo sogno?
La biografia di von Braun si è intrecciata profondamente con i fatti e le vicende di mezzo secolo; il mito costruito sulle sue imprese ha fatto in parte dimenticare un passato per certi versi ancora misterioso. Agli occhi dei più rimane lo scienziato che davanti alle telecamere, gioca come un bambino con i modellini di astronave, spiegando come queste possano portare l'uomo sulla Luna; rimangono le grandi folle che inneggiano all'uomo che ha permesso all'American Dream di trionfare. Rimane il Saturn V.
Il resto è storia.
A cura di Paolo Magionami