Ludwig Joseph Wittgenstein
Filosofo, contribuì allo sviluppo della logica formale e alla filosofia del linguaggio, uno dei massimi pensatori del XX secolo.
Ludwig Wittgenstein nacque a Vienna il 26 aprile 1889 da Karl Wittgenstein, un magnate dell'industria siderurgica dell'appena nata borghesia austriaca, e Leopoldine Kalmus. I nonni paterni, Hermann Christian e Fanny Wittgenstein, immigrati dalla Sassonia, erano ebrei convertiti al protestantesimo; sebbene la madre di Ludwig fosse, di famiglia, per metà ebrea, i giovani Wittgenstein vennero cresciuti, blandamente, nella religione cattolica. Entrambi i genitori, inoltre, erano appassionati di musica.
Studiò fino ai 14 anni privatamente, poi frequentò per 3 anni la Realschule a Linz, una scuola statale che oggi definiremmo a indirizzo tecnico-meccanico (fu nella stessa scuola con Adolf Hitler, coetaneo ma due classi indietro). Benché fosse cresciuto a Vienna e avesse rivendicato per tutta la vita le proprie origini austriache, il nome di Wittgenstein è legato però specificamente agli ambienti inglesi del Trinity College di Cambridge, dove egli studiò e collaborò subito attivamente con Bertrand Russel, dal 1911 al 1914, e dove ritornò nel 1929 per continuare le sue ricerche.
Dopo essersi isolato sui fiordi norvegesi per più d'un anno, allo scoppio della Prima guerra mondiale s'arruolò volontario nell'esercito austriaco come soldato semplice in fanteria, quindi successivamente venne promosso ufficiale di artiglieria: combattè sul fronte russo e su quello italiano , dove si guadagnò diverse onorificenze e medaglie al valor militare. Venne infine imprigionato presso Trento nel 1918 e internato per qualche tempo in un campo di prigionia a Cassino, per rientrare infine in Austria nel 1919 dove, influenzato dal cristianesimo di Lev Tolstoji, in particolare da "I Vangeli" dell'autore russo, si liberò della cospicua eredità paterna con delle beneficenze, decidendo di vivere per sempre senza inutili orpelli, vestendo decorosamente ma con estrema semplicità, tra pochi mobili essenziali e nessun oggetto che non fosse strettamente utile.
I suoi primi scritti sono profondamente influenzati dai lavori sulla logica dello stesso Russell, di Whitehead e del logico tedesco Frege.
Appena pubblicato, il Tractatus logico-philosophicus, diventò punto di riferimento per il Circolo di Vienna al quale il filosofo austriaco non aveva mai aderito ufficialmente, pur frequentandolo, criticandone i fraintendimenti della sua opera. Il pensiero di Wittgenstein ha profondamente influenzato lo sviluppo della filosofia analitica e gli sviluppi recenti della cosiddetta filosofia continentale.
Wittgenstein è stato un pensatore anomalo per vari motivi (per la personalità, la condotta di vita, l'avversione alla filosofia tradizionale, il carattere spesso criptico ed enigmatico dei suoi scritti, il lungo silenzio), e la sua opera è oggetto di continue reinterpretazioni . Lo stesso titolo della sua opera, l'unica pubblicata dall'autore, può essere frainteso; significa che l'interesse è logico in una dimensione prioritaria. Infatti Wittgenstein rifiutò titoli consimili come logica filosofica , intendendo affermare una priorità assoluta della logica e, insieme, l'idea che la logica è essenzialmente filosofica e come tale non ha bisogno dello specifico aggettivo.
Nel testo tuttavia, data la sua complessità, Wittgenstein non si limita alla architettura logica (atomismo logico) come soluzione definitiva del rapporto tra il piano reale fenomenico e il piano linguistico, individuando appunto nella necessità di una struttura logica una matrice comune. Soprattutto nella parte conclusiva del tractatus Wittgenstein rende manifesto l'imbarazzo in cui la filosofia si trova nel tentativo dire qualcosa come "quale sia il senso del mondo" poiché sarebbe impossibile ricercare entro i limiti del mondo stesso, definiti dal linguaggio, un qualche senso. Nella proposizione 6.41 del tractatus Wittgenstein scrive: "Il senso del mondo dev'essere fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non vi è in esso alcun valore- né, se vi fosse avrebbe un valore..." .
L'estrema analiticità e precisione del filosofo sono le cause di molte incomprensioni di questa grande opera che a differenza delle altre pubblicate dagli eredi non è affatto equivoca. Il metodo di numerazione di ogni gruppo di proposizioni rende l'interpretazione facile rispetto alla maggior parte delle opere pubblicate postume, le quali spesso oscillano nella metodologia di presentazione dei frammenti. Tale difficoltà ha contribuito a creare un'immagine oracolare e misteriosa del filosofo con tentativi di spiegazione esistenziali (ad esempio la sua omosessualità) o patologiche (da taluni studiosi della biografia del filosofo austriaco è stata avanzata l'ipotesi che questi potesse avere la Sindrome di Asperger, una forma di autismo ad alta funzionalità).
Wittgenstein ebbe un'esperienza di cinque anni nella guerra, durante i quali portò a compimento la stesura del Tractatus. La pubblicazione del Tractatus però rappresentò un problema. Non c'erano editori disponibili a pubblicare un lavoro filosofico sviluppato in quella forma, che al di là dei contenuti assolutamente inconsueti, risultava piuttosto striminzita agli occhi degli editori stessi, abituati a trattazioni più ampie. Per farla breve ci volle l'introduzione scritta da Russel perché il libricino di Wittgenstein risultasse "idoneo" o quantomeno appetibile in vista di una pubblicazione. Nella convinzione di avere risolto definitivamente "tutti" i problemi, come diceva il finale della sua prefazione, Wittgenstein abbandonò coerentemente l'ambiente accademico e metaforicamente anche la filosofia. Lavorò come insegnante in diverse scuole elementari, da dove trasse spunto per il suo secondo e ultimo libro, il Dizionario per le scuole elementari di solito molto trascurato dalla critica ma importante per stabilire la costanza degli interessi logici dell'autore, poi, per un breve periodo, fece il giardiniere in un monastero e infine l'architetto.
Ritornò alla filosofia accademica solo nel 1929, dopo essersi convinto che molte delle questioni affrontate nel Tractatus erano tutt'altro che risolte Il suo ritorno a Cambridge rappresenta in questo periodo della sua vita un rifugio, per lui ebreo austriaco.
Per l'ottenimento di una borsa di studio, scrisse una serie di appunti, pubblicati postumi col titolo di Osservazioni filosofiche. L'opera tuttavia non contiene l'intera mole di scritti che Wittgenstein elaborò in questo periodo. Un'altra parte di essi è raccolta in due opere intitolate Grammatica filosofica e The BigTypescript. Tutti questi appunti confluiscono poi nell'opera matura Ricerche filosofiche, pubblicata anch'essa postuma. Capita che stessi pensieri siano ripetuti in diverse opere. Ciò è dovuto anche al carattere particolare di composizione dei manoscritti, da alcuni definito ossessivo e basato sul fatto che Wittgenstein soleva ritagliare pezzetti di scrittura e poi incollarli.
In questi lavori, Wittgenstein compie il passaggio, in sostanza un reale cambiamento dal Tractatus. Mentre il Tractatus riteneva che la descrizione della realtà dovesse essere fatta nell'unica maniera rigorosa possibile e cioè dalla logica, disciplina che lui stesso aveva contribuito a chiarire con l'invenzione perspicua delle tavole di verità, in queste opere matura la critica alle posizioni che giustificano la matematica con la logica ma anche alle considerazioni che determinavano l'esistenza di un unico specchio della realtà: il linguaggio logico definito ormai dai colleghi e amici come un aspetto della matematica.
Wittgenstein ha privilegiato sempre la logica, ritenendo che la matematica sia un metodo della logica. In sintesi, per Wittgenstein la matematica è un sottoinsieme della logica, mentre per Russell, Ramsey e Frege la logica è un sottoinsieme della matematica. Che il linguaggio sia di per sé logico, e che bisogna ascoltare con attenzione gli insegnamenti che vi sono nascosti, e che quindi non vi sia bisogno di un linguaggio astratto ideale come molti avevano inteso attraverso il Tractatus: sono queste le nuove convinzioni che si presentano nelle Osservazioni filosofiche, assieme ai tentativi di mescolare la struttura logica con le sue caratteristiche costanti (e: ^, implica: =>, o: v, non: −, per tutti: ∀, esiste: ∃) a quella del linguaggio comune.
Ad esempio, il particolare problema logico di rappresentare i colori nella notazione logica, scandisce il passaggio dall'ottica del Tractatus alla nuova impostazione delle Osservazioni filosofiche. Di fatto, ogni tentativo di rendere in proposizioni puntuali, elementari (qualcuno dice atomiche) la gamma dei colori o più semplicemente un singolo colore (che però suppone tutta la gamma) è difficile, se non impossibile. In gioco infatti sta l'idea stessa della contraddizione.
Dal momento che il colore è anche lunghezza d'onda e quindi numero, ma è anche rapporto di lunghezze d'onda, si tratta della stessa difficoltà che si incontra nello stabilire che adoperare tre grammi di sale e adoperare cinque grammi di sale non sono atteggiamenti contraddittori una volta indicata la prima proposizione = p e la seconda = q. Ma se diciamo q ^ − p le due proposizioni diventano effettivamente contraddittorie perché vorrebbero dire 5 e non 3. La cosa in matematica è assurda perché si dovrebbe esibire il 5 senza il suo contenuto di 3 cioè 2. Per i colori invece che devono essere presentati in spettro (il più semplice è quello del rosso, verde, azzurro) dobbiamo per forza dire - per rappresentare il rosso - anche: e non il verde e non l'azzurro -. E nemmeno si possono congiungere in matematica p e q intesi come colori (per fare ad esempio il giallo) perché ciò significa un altro dato in matematica: la somma. La soluzione di questa difficoltà è stata risolta in informatica con array elastici che modificando il numero binario del rosso aumentano in modo corrispettivo il numero binario del verde e dell'azzurro. Questa problematica dei colori era già stata presentata in un articolo raccolto nel testo Osservazioni filosofiche ma continuerà come interesse autonomo in Osservazioni sui colori.
Altro problema rappresentativo è quello della generalità. Tutto e Qualche non possono essere trattati al solito modo delle tavole di verità. Qualche (∃) assomiglia ad una somma logica ma non lo è; Tutto (∀) assomiglia ad un prodotto logico ma non lo è. La generalità tutti (∀) non può trovare un impiego in matematica. Non esistono tutti i numeri appunto perché sono infiniti. Questi sono due dei tanti problemi che ad un'analisi attenta mettono in evidenza quanto logica e matematica divergano. Sono giochi linguistici diversi imparentati tra di loro ma non identici. Si dovrà riconoscere che queste critiche sono fatte all'insegna della logica, una logica più raffinata, più profonda e meno soggetta a dogmi assiomatici presenti anche nel Tractatus . Ma che la logica sia l'unica via di accesso alla realtà e che il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose (e la proposizione è un fatto), come recitava l'inizio del Tractatus rimane un guadagno irreversibile.
Questo aspetto emergerà poi definitivamente nei Libro Blu e Libro Marrone, due quaderni di appunti che Wittgenstein scrisse per i suoi studenti in occasione di due corsi universitari tenuti a Cambridge.
Nel Libro Blu Wittgenstein lotta contro il desiderio di generalità che ci induce a cercare definizioni univoche del significato d'una parola (sia essa la definizione ostensiva, o l'immagine univoca). Il desiderio di generalità è all'opera anche nel filosofo quando questo cerca come fosse uno scienziato di definire le parole. Le parole sono "indefinibili" perché ogni volta assumono un aspetto diverso a seconda dell'accordo e non accordo con altre parole. Invece fidandoci dell'identità grafica delle parole il linguaggio costruisce analogie fuorvianti. Per esempio le espressioni "A ha un dente d'oro" e "A ha un mal di denti" sembrano analoghe ma sono invece differenti perché si può dire io sento il dente d'oro di A ma non si può dire che io sento il mal di denti di A. È questa la teoria dei giochi linguistici (Sprachspiel[e]), poi tema centrale di molte sue successive riflessioni. Wittgenstein ha assunto volutamente la parola "gioco" perché di esso non esiste una definizione univoca e soprattutto perché esso ha anche fare con l'universo primitivo e pratico del bambino. In ultima istanza perché riferisce ad attività (come sono di fatto i giochi), allontanando l'idea che un gioco linguistico sia del tutto svincolato dell'attività reale.
Nel Libro marrone continua l'analisi dei giochi linguistici anche se subentra una sottile critica al concetto di somiglianza particolare, peculiare. La cosa è interessante nella misura in cui nella stessa definizione di gioco linguistico si parla di "somiglianze di famiglia" (Familienähnlichkeit[en]). Wittgenstein qui pone in opera il significato della comunicazione umana per lo studio della quale Wittgenstein si improvvisa antropologo. Cruciale è per esempio il criterio per il quale noi empiricamente confrontiamo esperienze simili. L'idea di Wittgenstein è che il "confronto" non è mai una prova univoca ma una serie di somiglianze che si sovrappongono. Come la gomena è fatta da molte fibre, ma la forza della gomena non è data da una singola fibra che la percorre tutta. Viene in opera cioè il fatto che in generale gli aggettivi logici come "identico" o "uguale" siano piuttosto da sostituire con "simile" o "somigliante" e viceversa. Inevitabilmente, in questo libro si passa insensibilmente dai giochi linguistici a problemi di filosofia della psicologia e anche a problemi classicamente filosofici come idealismo e realismo. Ad esempio si critica (e forse si nega) qui l'ipotesi che il linguaggio possa venire dopo che si sia formato un pensiero. Sembra che Wittgenstein affermi che il pensiero nasca cioè con il linguaggio attraverso addestramenti empirici (tipo premi e punizioni). Tanto può bastare per capire l'ampiezza filosofica di queste riflessioni che solo un archivista a corto di termini potrebbe definire come filosofia del linguaggio. Se anche si è avvicinato questo modo al tema degli esperimenti mentali dovrebbe essere chiaro che non si tratta né di esperimenti reali e nemmeno di esperimenti psicologici.
Nelle Ricerche filosofiche, il linguaggio, come annunciato nei Libro Blu e Libro Marrone, non è più inteso come protocollo delle proposizioni elementari logicamente ordinate, ma come un insieme di espressioni che svolgono funzioni diverse, nell'ambito di pratiche e regole discorsive differenti, secondo la Teoria dei giochi linguistici. Se permane una continuità tra le due opere principali del filosofo austriaco, il Tractatus e le Ricerche, essa risiede nel fondamentale interesse dell'autore per il linguaggio, e per la sua concezione della filosofia, intesa come attività di chiarificazione del linguaggio.
Rimane poi, nel Tractatus come nelle Ricerche, la pregiudiziale antimetafisica: la metafisica sorge, secondo Wittgenstein, "quando il linguaggio fa vacanza". Nelle Ricerche tuttavia si precisa meglio che il linguaggio gira a vuoto anche quando si ricerca l'essenza della proposizione e della grammatica, quando cioè si ricerca il linguaggio puro, perfetto, cristallino (sono tutte metafore di Wittgenstein) ideale.
Questa ricerca era quella della logica; dunque sembra che le "Ricerche" distruggano l'impianto del Tractatus anche se diciamo che distruggono edifici di cartapesta, nel senso che Wittgenstein era sempre stato attirato da una logica che potesse descrivere sempre correttamente il mondo. Ma la logica delle tavole di verità non sempre lo può fare. Una cattiva interpretazione delle Ricerche semplifica il cambiamento rispetto al Tractatus con l'idea che allo studio della logica deve subentrare lo studio del linguaggio comune. E questo è vero soltanto nella misura in cui nel linguaggio è dato scoprire una logica nuova evidenziabile solo con giochi linguistici, il cui statuto è l'uso e il cui uso rimanda ad un riferimento ultimo che è la forma di vita umana che il linguaggio descrive. Questo consente di fornire una lettura mediana tra l'idea che le Ricerche muovano alla scienza, e dunque alla scienza della logica, critiche assolute e l'idea che ci sia una sorta di continuità tra il Tractatus e le Ricerche. È vero che Wittgenstein non ritiene la sua ricerca simile alla ricerca scientifica; non si tratta di scoprire alcunché; si tratta di assestare diversamente ciò che ci sta sempre davanti (di assestare il linguaggio, certo, ma con esso anche l'uso di esso). Ma è anche vero che la ricerca di nuove logiche, dall'intuizionistica alla lineare, non sono vietate ma permesse dall'atteggiamento di Wittgenstein, nel senso che esse non esauriscono mai la possibilità di nuovi giochi linguistici codificabili. C'è da dire tuttavia che un altro tema tipico del Tractatus rimane nello sfondo.
La regola logica diventa nelle Ricerche istituzione sociale. Nel senso che seguire una regola non può essere fatto da un solo uomo una sola volta nella sua vita. Privatamente non si può seguire una regola o credere di seguire una regola, non è seguire una regola. Questo conduce all'altro grande tema delle Ricerche quello psicologico anticipato del resto nelle opere precedenti. Wittgenstein per tutto il seguito delle Ricerche affermerà che l'esistenza di un processo interno, psicologico, non è affermabile che attraverso la testimonianza esterna data tuttavia dal comportamento e soprattutto dal linguaggio. Tema lungamente seguito non solo nella prima parte delle Ricerche Filosofiche ma anche nella seconda parte. Brani interi sono stati tolti dal testo e hanno dato vita alle Osservazioni sulla filosofia della psicologia e Ultimi scritti. La filosofia della psicologia nonché Zettel. L'esempificazione più chiara è quella della scatola dove un gruppo di amici ha imprigionato un insetto. Ognuno ha un insetto e una scatola e ognuno ha battezzato l'insetto coleottero. Nessuno può vedere dentro la scatola dell'altro. Ma potrebbe darsi che ciascuno abbia nella sua scatola una cosa diversa. Si potrebbe addirittura immaginare che questo contenuto mutasse continuamente. Ma bisogna supporre che l'uso della parola "coleottero" serve a queste persone e non designa qualcosa all'interno della mente. Infatti la scatola potrebbe anche essere vuota.Wittgenstein dunque non dice che dentro la mente non c'è nulla. Ma che l'uso del linguaggio per le asserzioni psicologiche è primario rispetto alla sensazione psicologica.C'è qui anche una critica alla dimensione del Tractatus del modello oggetto e designazione. L'oggetto viene escluso dalla considerazione come qualcosa di irrilevante. Questa posizione nelle Osservazioni sulla filosofia della psicologia, viene approfondita con l'analisi del senso comune e degli schemi senso-motori che concorrono al linguaggio, la cui importanza viene affiancata dagli schemi percettivi ed interpretativi che la prassi lega nel concetto di vedere-come.
In ogni caso viene ribadita qui l'importanza del linguaggio come cosa esterna alla dimensione individuale e sorretta dalla struttura istituzionale. Per quanto riguarda l'etica, essa rimane una parentesi esclusiva del Tractatus, e poi, sempre nella medesima concezione, in una famosa Conferenza sull'etica che egli tenne nel 1929 agli Eretici di Cambridge. Anche se da essa mai Wittgenstein prese le distanze o tentò di eliminarla, ma ribadendo anzi ad ogni occasione l'afflato etico-mistico, di straordinaria complessità, della sua filosofia, seppur necessariamente rilegandolo nel campo dell'indicibile.
Occorre tuttavia sottolineare che come è stato per l'estetica esemplificata realmente in una casa che il filosofo-ingegnere costruì per la sorella e che si può ammirare ancora oggi a Vienna in via Kundmangasse 19, così per l'etica il vero monumento vivente è la stessa vita di Wittgenstein che rifiutò la rilevante eredità paterna con la laconica frase:"Non ho alcun merito per quel danaro". Testimonianza etica data dalla sua decisione di lavorare sempre manualmente, evitando accuratamente il potere accademico, tentando di dare un senso sociale alla sua vita recandosi come operaio non specializzato nella Russia bolscevica.
Saputo di essere affetto da cancro, si recò ancora una volta in Norvegia, nella sua vecchia capanna, poi rientrò a Cambridge, dove morì mentre si trovava a casa di un amico. Un istante prima di perdere conoscenza, sussurrò ai presenti la sua ultima frase: "Dite a tutti che ho avuto una vita meravigliosa".
A cura di Redazione Torinoscienza