Cesare Balbo

(
1748
-
1830
)
Letto finora

Cesare Balbo

Alto funzionario, coltivò interessi molteplici e si occupò di metodologia storica.

Cesare BalboNacque il 1° novembre 1748 a Torino, dove morì il 12 giugno 1830. Si avviò agli studi giuridici e coltivò fin da giovanissimo interessi storici e letterari. Nel 1768, dopo la morte del padre, fu costretto a cercarsi un impiego, e nel 1776 entrò nell'amministrazione delle Finanze, diventando intendente nel 1779. Nel 1773 aveva dato alle stampe, con dedica a Vittorio Amedeo III, il Saggio sopra l'arte storica, che si inseriva in un dibattito assai vivo in Piemonte (Denina aveva pubblicato qualche anno prima un'opera innovatrice come Delle rivoluzioni d’Italia). Per incarico del governo scrisse nel 1780 le Osservazioni intorno al progetto di pace tra S.M. e le potenze borboniche, dove proponeva la formazione di una confederazione tra gli stati marittimi italiani sotto la guida del papa. Nel 1791, in funzione ostile alla Francia rivoluzionaria, ampliò il discorso nell'Idea di una confederazione delle potenze d’Italia, che metteva da parte la guida del papa e assegnava un ruolo essenziale alla monarchia sabauda. Intanto era stato promosso ad alte cariche. Al fine di valorizzare la storia del Piemonte era venuto stendendo le biografie di vari personaggi, raccolte nel 1787 in un volume dal titolo Elogi di piemontesi illustri. Arricchito successivamente di altre biografie - anche di non piemontesi - il volume ebbe una nuova edizione nel 1818 con un titolo significativamente mutato (Vite ed elogi di illustri italiani).

È del 1791 l'opera sua più famosa, Dell'uso e dei pregi della lingua italiana (2 voll., ristampa nel 1813), segnata una netta avversione alle idee illuministe e troppo spesso interpretata in chiave pre-risorgimentale. Nel 1797 ottenne la carica di generale delle Finanze (da cui ben presto si dimise). Nello stesso anno, sollecitato dal suo amico Prospero Balbo, ambasciatore piemontese a Parigi, redasse Del nuovo stabilimento delle repubbliche lombarde (il manoscritto è datato 24 maggio 1797), in cui si sforzava di convincere il governo francese a non creare quella che di lì a poco sarebbe stata la Repubblica cisalpina, e in cui replicava all'opuscolo di Matteo Galdi, Necessità di stabilire una repubblica in Italia, apparso nel 1796.

Fedele ai Savoia e ostile ai principi rivoluzionari, nei mesi repubblicani del Piemonte (dicembre 1798-maggio 1799) si tenne in disparte per ricomparire durante il breve periodo austro-russo (1799-1800). A tale periodo appartiene un articolato piano di riforma relativo all'Università, Del modo di riordinare la R. Università degli Studi. Tornati i francesi, nel 1801 fu nominato socio dell'Accademia delle Scienze, poi presidente della nuova classe di scienze morali, storiche e filologiche. Accettò senza entusiasmo il regime napoleonico, nel corso del quale, peraltro, divenne prefetto di Vercelli e fu insignito della Legion d'onore. Si dedicò a studi di vario argomento e svolse un’intensa attività nell'ambito dell'Accademia delle Scienze. Nel 1812 fu eletto membro della rinata Accademia della Crusca. Dopo il ritorno dei Savoia nel 1814, fece parte del Magistrato per la riforma dell'Università, adoperandosi per l'istituzione di una cattedra di Economia politica. Continuò alacremente a scrivere e a pubblicare fino alla sua scomparsa.

A cura di L. Guerci