Bruno Rossi

(
1905
-
1993
)
Letto finora

Bruno Rossi

Fisico, si dedicò al campo dell'astronomia, dei raggi cosmici, X e gamma, collaborò al progetto Manhattan.

Bruno RossiHo avuto la fortuna di conoscere abbastanza bene Bruno Rossi, questo fisico sperimentale che, minuto e di piccola statura, per tutta la vita ha indagato l'immensità del cosmo.

Gli americani lo apprezzavano, tra l'altro, perché sapeva trafficare con cavi e cacciaviti come un bricoleur. E poco importava che parlasse, almeno nei primi tempi, un inglese approssimativo, che suscitava l'ironia dei colleghi d'oltre Atlantico.

Il lavoro a cui Bruno Rossi rimaneva più affezionato era un contatore di raggi cosmici basato sul circuito a coincidenza. Un apparecchio, diceva con modestia, più da elettricista che da astrofisico. Ma si deve a quello strumento se oggi sappiamo tante cose sulla pioggia di particelle nucleari che ci arriva dallo spazio e ci parla di fenomeni violentissimi in stelle e galassie lontane.

Nato a Venezia nel 1905, ebreo sposato con una donna ebrea - Nora Lombroso, nipote del notissimo antropologo - Rossi aveva incominciato le sue ricerche all'Osservatorio di Arcetri a Firenze. Le leggi razziali lo costrinsero a cercare rifugio prima a Copenaghen, ospite di Niels Bohr, poi in Inghilterra e infine negli Stati Uniti.

Fermi lo chiamò a collaborare al Progetto Manhattan, sviluppato a Los Alamos in gran segreto e approdato alla prima bomba atomica. Ci pensò su tre mesi e alla fine accettò. "Perché - mi disse - temevo che i nazisti facessero la stessa cosa e speravo che i militari si sarebbero accontentati di un test dimostrativo, davanti al quale tedeschi e giapponesi si sarebbero arresi".

Si sa che le cose andarono diversamente. Hiroshima e Nagasaki hanno pesato sulla coscienza di Rossi fino all'ultimo giorno. La sua ferma contrarietà allo "scudo spaziale" di Reagan fu una specie di espiazione.

All'atomica Rossi diede due contributi essenziali. Un ordigno nucleare esplode quando si forma una massa compatta di uranio 235 di circa 5 chili (nel linguaggio dei fisici, la "massa critica"). Bisognava trovare il modo di tenere l'uranio separato in pezzi più piccoli e poi di avvicinarli in una frazione di secondo al momento giusto per innescare la reazione a catena. Rossi risolse il problema studiando il modo di far implodere piccoli blocchi di uranio sotto l'azione di un esplosivo convenzionale.

Il secondo contributo fu uno strumento per misurare la potenza del primo test nucleare. L'energia dell'ordigno si libera in gran parte sotto forma di raggi gamma nei primi centesimi di milionesimi di secondo dopo il raggiungimento della massa critica. Bisognava valutare quanti raggi gamma venivano emessi in quel tempo brevissimo: problema tutt'altro che semplice, ma che Rossi seppe risolvere grazie alla sua geniale praticaccia di laboratorio.

Dopo la guerra tornò al suo campo preferito: l'astrofisica. Fu lui a progettare il primo esperimento per misurare da un razzo i raggi X emessi da sorgenti cosmiche. Si aprì così una nuova straordinaria finestra sull'universo, paragonabile per importanza alla finestra ottica inaugurata da Galileo con il suo cannocchiale e alla finestra radio scoperta casualmente da Jansky all'inizio degli anni 1930.

Maestro di varie generazioni di fisici al MIT, l'eredità di Rossi fu raccolta da quel Riccardo Giacconi che per primo ha esplorato a fondo il cielo nei raggi X con il satellite "Uhuru" e poi con il satellite "Einstein".

A cura di Piero Bianucci