Robert Hutchings Goddard

(
1882
-
1945
)
Letto finora

Robert Hutchings Goddard

Scienziato, pioniere della missilistica moderna, considerato uno dei padri fondatori dell'astronautica.

Robert Hutchings GoddardIn un'ideale carrellata di immagini che hanno fatto la storia dell'astronautica, ve n'è una che potrebbe aprire il grande album dei ricordi. Prima delle V-2 di Werner von Braun, dello Sputnik, di Yuri Gagarin e dei tre dell'Apollo 11, c'è un buffo ometto di pastrano vestito che tiene, pare quasi sorreggere, uno strano trabiccolo metallico.

La storia dell'astronautica moderna fatta per immagini potrebbe aprirsi così, con Robert Hutchings Goddard e con il suo Kittyhawk, il razzo a propellente liquido che, sotto le mentite spoglie di un trabiccolo, il giorno della foto solcò per la prima volta nella storia dell'astronautica il cielo del Massachusetts. Era il 16 marzo 1926.

Robert Hutchings Goddard è oggi considerato uno dei padri fondatori dell'astronautica, insieme al russo Konstantin Tsiolkovsky e al tedesco Hermann Oberth. Ma come accade di sovente il giusto riconoscimento giunse postumo ben dopo la sua scomparsa. Nel corso della sua vita, il padre dell'astronautica era conosciuto dai mass media con il nomignolo assai poco gratificante di Moon Man, "l'uomo lunatico". Insomma, una sorta di folle visionario, per giunta pericoloso vista la sua abitudine di lanciare razzi per aria.

L'uomo lunatico nacque a Worcester nel Massachusetts il 5 ottobre 1882. Si laureò al Polytechnic Istitute della stessa città nel 1908.

Ancor prima di laurearsi iniziò a studiare la dinamica dei razzi giungendo nel 1907 alla prima dimostrazione di quanto stava apprendendo. Nel pianerottolo del dipartimento di fisica del Politecnico lanciò, immerso in una nuvola di fumo, il suo primo razzo. La dimostrazione, che poteva contare l'espulsione dall'ateneo, fu in un certo senso apprezzata e il giovane fu esortato a continuare i suoi esperimenti. Possibilmente senza far danni. L'approccio maturato in questi anni, di carattere prevalentemente sperimentale, avrebbe caratterizzato l'operato di Goddard per il resto della sua vita. Al contrario di Tsiolkovsky, più incline alla speculazione teorica, a Goddard interessava sperimentare, provare sul campo le sue geniali intuizioni, costruire e testare i prototipi, sovente in totale solitudine e con pochissimi collaboratori. Era questa l'astronautica di Goddard. Non a caso arriverà a lanciare più di 50 razzi nel corso della sua vita.

Dopo aver conseguito il dottorato e aver ottenuto nel 1911 un fellow a Princeton, sviluppò la teoria matematica della propulsione a razzo.

Per dimostrare che un razzo a propellente solido era in grado di muoversi anche nel vuoto, escogitò un semplice ma efficace esperimento: costruì una campana di vetro dentro alla quale fece il vuoto e vi inserì il suo razzo. Dopo aver "acceso la miccia" e mostrato che il razzo poteva muoversi in assenza di aria, ne calcolò la spinta.

Goddard forse ancora non lo sapeva, o forse lo aveva già intuito, ma in quel giorno aveva appena compiuto il primo passo del viaggio verso lo spazio.

Nel 1914 ottenne due importanti patentini, uno per i razzi a propellente liquido e un altro per i razzi a due e tre stadi. Sempre a sue spese continuò le sue ricerche e i suoi esperimenti, fino a quando fu costretto a chiedere un contributo economico allo Smithsonian Istitute per poter continuare le sue ricerche. Gli studi di questo periodo confluiranno nella pubblicazione N 2540 delle Smithsonian Miscellaneous Pubblication del gennaio 1920, intitolato "Un metodo per raggiungere altitudini estreme". Il lavoro, la cui stesura era iniziata nel 1914 e aggiornata nel 1916, è considerato oggi un vero caposaldo nella storia dell'astronautica e, nell'ultima pagina, l'autore ipotizzò la possibilità di un volo verso la luna. E furono queste poche, profetiche parole a scatenare l'opinione pubblica. Il lavoro era tecnico, per specialisti, ma quella folle uscita del volo verso la luna causò a Goddard tutta una serie di attacchi infamanti. Iniziò subito il Time con un editoriale del gennaio del 1920 nel quale, senza mezze parole, accusava Goddard di essere un pazzo e di non conoscere i principi della fisica, secondo i quali il volo nel vuoto era impossibile. Per il Time, insomma, era meglio se Goddard fosse tornato al liceo.

Ma altri presero sul serio il libro di Goddard. Il lavoro, infatti, attraversò l'oceano e fu conosciuto nella vecchia Europa da scienziati che molto avrebbero contribuito all'astronautica moderna. Uno di essi fu Hermann Oberth il quale, agli inizi degli anni venti, scrisse all'americano per chiedere consigli e informazioni sui razzi.

Nel frattempo, mentre i bagliori della Prima Guerra Mondiale andavano svanendo, sul campo di prova dell'aeronautica militare, il proving ground di Aberdeen nel South Dakota, Goddard ebbe modo di impressionare i rappresentanti del Signal Corps dell'Air Service giunti a vedere i razzi di quello strano personaggio. In seguito alle fortunate dimostrazioni, decise di sviluppare razzi a propellente liquido di cui ne comprese le maggiori potenzialità rispetto a quelli a combustibile solido. Ottenuto nel 1921 un contratto dalla Grant University, iniziò a sperimentare razzi alimentati da ossigeno liquido, etere e idrocarburi. Ben presto si accorse che la miscela che garantiva un miglior rapporto tra potenza sviluppata e massa impiegata era una combinazione di idrogeno e ossigeno. Purtroppo era anche la più pericolosa.

La miscela che garantiva le migliori prestazioni riducendo i pericoli era, invece, una combinazione di ossigeno e metano liquido. Nel 1923 costruì un razzo che bruciava ossigeno liquido e benzina mediante un'apposita pompa installata a bordo del razzo stesso che inviava la miscela alla camera di combustione.

Oramai era questione di dettagli. Goddard era quasi pronto al grande balzo.

Tuttavia, l'atmosfera che regnava attorno a lui non mutò affatto, e colleghi e giornalisti erano sempre pronti a ridicolizzarlo; d'altronde lui era Moon Man e quando se ne tornava da qualche test con i suoi razzi nelle mani, i colleghi con ghigno beffardo chiedevano "Allora Robert, come procede il tuo razzo lunare?". Ma l'uomo lunatico non desistette. Dopotutto aveva un sogno da realizzare.

Il 16 marzo 1926, ad Auburn, una cittadina spolverata dalla neve, Goddard lanciò la sua creatura: Kittyhawk. Un razzo alto tre metri che rimase in volo due secondi e mezzo coprendo la distanza di 56 metri alla velocità media di 100 km/h. Scriverà in seguito "Quando il razzo si sollevò fu un momento magico, senza rumore o fiamme apprezzabili, come se volesse dire: Sono stato qui abbastanza, ora vorrei andare altrove, se non vi dispiace."

Ma il momento fu magico solo per Goddard. I vicini, infatti, piuttosto spaventati da quella strampalata dimostrazione non esitarono a chiamare la polizia. E fu l'inizio di un'altra lunga serie di incomprensioni e, ancor peggio, di derisioni. Per questo decise di tenere sempre un profilo molto basso e quando doveva aggiornare la situazione sulle sue ricerche diceva "Work in progress", "nessun aggiornamento", senza peraltro mai invitare direttamente i giornalisti alle sue dimostrazioni.

Tre anni dopo, nel 1929, Goddard lanciò un altro razzo stavolta munito anche di una macchina fotografica e strumenti meteorologici. La dimostrazione fu particolarmente apprezzata da Charles Lindbergh, colui che il 20 maggio 1927 a bordo dello Spirit of St. Louis aveva compiuto la trasvolata atlantica New York Parigi senza scalo, che riuscì a convincere il filantropo Daniel Guggenheim a finanziare gli esperimenti di Goddard con un assegno da ben 100000 dollari. La cifra era piuttosto ragguardevole per quei tempi; soprattutto per quei tempi dominati dalla grande crisi del '29 che mise in ginocchio l'America prima e l'Europa dopo. I grandi progressi ottenuti da Goddard confluirono nella pubblicazione intitolata "Liquid Propellant Rocket Development" pubblicata dallo Smithsonian nel 1936.

Un vecchio adagio dice che nessuno è profeta in patria. Non sempre è così ma a Goddard il detto calzava perfettamente.

Nello stesso 1929, durante un suo esperimento qualcosa non andò per il verso giusto e lui si trovò di fronte ancora una voltacla polizia e, immancabilmente, la stampa che il giorno dopo se ne uscì con titoli non proprio benevoli verso colui che voleva andare sulla luna con i razzi. Vuoi per la pubblicità negativa che la stampa attribuiva a quell'individuo che andava lanciando razzi per la campagna spaventando la gente, vuoi per la grande crisi, alle autorità ufficiali gli esperimenti e i progressi di Goddard non interessarono. E lui comprese che era meglio andar via. Così si spostò nel New Mexico, dove impiantò il primo laboratorio astronautico della storia.

Qui ebbe modo di continuare i suoi esperimenti, via via sempre più perfezionati. I suoi razzi erano di volta in volta, più precisi, potenti e veloci e già dopo un anno di laboratorio era in grado di lanciare un razzo a 600 metri d'altezza e a 800 km/h di velocità, per poi arrivare a superare la barriera del suono lassù fino a 2500 metri. Nella sua officina perfezionò due degli elementi più importanti di un razzo: il giroscopio e le pompe di immissione del propellente. Ma tutto questo senza che le autorità prendessero in seria considerazione quello che stava facendo. Dall'altra parte dell'Oceano invece conoscevano molto bene i lavori di Goddard che, dopo il 1930, aveva avuto modo di rispondere ad alcuni scienziati tedeschi che avevano sollevato alcune domande a proposito dei razzi, come già era successo alcuni anni prima con Oberth.

Improvvisamente, intorno al 1939, lo scambio epistolare cessò. Quando militari americani, a conflitto che volgeva ormai al termine, chiesero a un tecnico tedesco che lavorava nella famosa base di Peenemunde, come funzionasse una V-2 questi si sentirono rispondere: "Domandatelo al vostro Goddard come funzionano.Lui lo sa meglio di noi". Quando finalmente, Goddard riuscì a mettere le mani su una V-2, si senti dire da un suo assistente " Ma non è il suo razzo questo?" "Pare di si" rispose lui.

Come detto, però, nessuno è profeta in patria. Tantomeno Goddard. Ci volle lo smacco dello Sputnik, il 4 ottobre 1957, per far ricordare agli Stati Uniti di aver avuto un genio, precursore dei tempi, al loro servizio. Ma ormai il padre dell'astronautica era già morto da dodici anni, stroncato nel 1945 da un cancro alla gola. Per riparare, acquisteranno dai suoi eredi i 214 brevetti che lo scienziato aveva depositato nel corso della sua vita, tra i quali quello del bazooka e, nel 1959, gli dedicheranno il laboratorio delle scienze spaziali più grande e attrezzato, il Goddard Space Flight Center nel Maryland.

Dopo lo sbarco dell'uomo sulla luna, il New York Times uscì nelle edicole con un articolo celebrativo della grande impresa, non dimenticandosi però di come aveva trattato, quasi mezzo secolo prima, colui che aveva permesso tutto questo. "Ulteriori test ed esperimenti hanno confermato le scoperte di Isaac Newton nel diciassettesimo secolo, e adesso è assolutamente certo che un razzo può funzionare nel vuoto bene come nell'atmosfera... Il severo Professor Goddard potrebbe non apprezzare lo humor, ma di sicuro avrebbe accettato le scuse..."

A cura di Paolo Magionami