John Nash

(
1928
-
2015
)
Letto finora

John Nash

Matematico, ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi sulla teoria dei giochi, premio Nobel per l'economia nel 1994.

John NashLa storia della scienza è ricca di personaggi dalla vita caratterizzata da grande razionalità e intelligenza e, parallelamente, da eccentricità, solitudine o peggio, instabilità emotiva e mentale. Ludwig Boltzmann, tra i padri della fisica statistica e del concetto di entropia, morì suicida; Kurt Gödel, scopritore del celebre teorema sull’indecidibilità delle proposizioni nei sistemi formali, fu uno dei massimi logici di tutti i tempi, eppure visse gran parte della sua vita in preda alla depressione e, ossessionato dalla paura di essere avvelenato, si lasciò morire di inedia; Georg Cantor, uno dei padri della teoria degli insiemi, finì i suoi giorni in manicomio; Ettore Majorana, prodigio del calcolo mentale e pioniere della fisica teorica, non seppe mai convivere completamente con il suo genio precoce e scomparve nel nulla; Alan Turing, uno dei matematici a cui si deve il concetto di computer, e Renato Caccioppoli, tra i massimi matematici italiani, si tolsero la vita; Paul Erdös morì invece di vecchiaia, ma visse per circa sessant'anni senza una casa, errando tra congressi e case di matematici, in un mondo infantile tutto suo, senza alcuno scopo nella vita che non fosse legato a risolvere problemi di matematica, schiavo di pillole e caffeina.

John Forbes Nash jr. nato nel 1928 a Bluefield ha molti punti in comune con questi grandi: tra i matematici più brillanti e originali del '900, Nash ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla teoria dei giochi, vincendo il premio Nobel per l'economia nel 1994 per la scoperta degli equilibri non cooperativi, oggi noti come "equilibri di Nash". Ma Nash è anche un geniale e raffinato matematico puro. Ha sempre avuto un’abilità poco comune nell'affrontare i problemi da un'ottica nuova e impensabile per gli altri, trovando soluzioni incredibilmente eleganti a problemi complessi, come quelli legati all'immersione delle varietà algebriche o alle equazioni differenziali paraboliche.

Eppure Nash ha vissuto per circa trent'anni oscillando tra il paradiso e l'inferno. Il paradiso del ragionamento razionale, delle dimostrazioni, dei calcoli, aveva le sue "sedi" in istituti universitari prestigiosi (come quello di Princeton) oppure in società come la RAND Corporation, dove insieme a logici, matematici, fisici e ingegneri esperti di teoria dei giochi, ha lavorato per il governo alle strategie politiche e militari della guerra fredda. L'inferno era quello della schizofrenia paranoica che ha trasformato la naturale stravaganza di Nash in un'incubo durato circa trent'anni tra deliranti allucinazioni e un inquietante distacco emotivo dal mondo esterno. Dopo diversi ritorni al ragionamento lucido, spesso successivi ai ricoveri in ospedali psichiatrici, Nash tornava a fare matematica. Ma pochi mesi dopo le allucinazioni si riappropriavano della sua mente, facendolo ripiombare nell'abisso della follia. Terapie come elettroshock, camicie di forza chimiche, iniezioni di insulina lo hanno un po' segnato nel fisico, ma oggi Nash è un ultrasettantenne che va ancora in Istituto a Princeton, studia ancora matematica e sembra guarito dalla malattia. La psichiatria ricorda pochissimi esempi di risveglio dalla schizofrenia, considerata una malattia degenerativa, tanto che in quei pochi casi si mette spesso in dubbio l'autenticità della diagnosi.

Sylvia Nasar racconta la storia di John Nash con una miriade di dettagli raccolti da matematici che lo hanno conosciuto e dallo stesso Nash nel libro A beautiful mind (edito in Italia da Rizzoli col titolo Il genio dei numeri ), su cui si basa la sceneggiatura dell'omonimo film di Ron Howard, con Russel Crowe candidato all'Oscar nel ruolo di Nash e da cui sono tratti i virgolettati nel seguito.

Bello, atletico, genio. Ma anche arrogante e pieno di sé, eccentrico e attaccabrighe, incapace di rapporti sociali normali, John Nash faceva parlare di sé al Carnegie Institute of Technology (dove prese la laurea in matematica) e alla Fine Hall, l'edificio che ospitava l'istituto di matematica a Princeton (dove ottenne il dottorato), non soltanto per le sue doti di matematico e teorico dei giochi, ma anche per il suo strano modo di comportarsi. Non seguiva i corsi regolarmente, li considerava banali, e consultava pochi libri di matematica. Spesso fischiettava interi pezzi di Bach incurante del disturbo per gli altri. Melvin Hausner ricorda: "Era sempre immerso nei propri pensieri. Se ne stava seduto da solo nella sala comune. Capitava facilmente che ti passasse accanto senza vederti. Borbottava sempre fra sé e sé. Sempre fischiettando. Nash pensava sempre. Se era sdraiato su un tavolo, era perché stava pensando. Solo pensando. Potevi vedere che stava pensando". La sua ambizione e la sua presunzione lo indussero una volta ad andare a trovare Albert Einstein a Princeton, per proporgli alcune sue teorie. Dopo averlo ascoltato e aver assistito ai calcoli di Nash alla lavagna, Einstein disse qualcosa come "Farebbe meglio a studiare un po’ di fisica, giovanotto".

Tra il 1949 e il 1950 Nash elaborò il suo capolavoro, che concretizzò in sole ventisette pagine di tesi di dottorato e che gli avrebbero dato il Nobel ben quarantacinque anni dopo. La teoria dei giochi era nata negli anni '20 dai tentativi di uno dei più grandi matematici degli ultimi secoli, John Von Neumann, di studiare quantitativamente il comportamento umano. Insieme a Oskar Morgenstern, Von Neuman aveva poi formalizzato la teoria nel celebre libro The Theory of Games and Economic Behavior nel 1944. Le scelte dei partecipanti al gioco avvengono in base a delle regole e con il tentativo di massimizzare il guadagno, sia esso la vittoria di un gioco da tavolo o di carte, sia un affare o una contrattazione economica. Nash, affascinato dalla possibilità di applicare la teoria dei giochi all'economia, ai rapporti politici tra stati, alle strategie militari, affrontò il problema in modo originale e rivoluzionario rispetto a Von Neumann. Estese la trattazione a giochi a più partecipanti (mentre Von Neumann si era occupato di giochi a due) e scoprì una soluzione di equilibrio in cui ogni agente trova la miglior strategia rispetto alla migliore strategia di tutti gli altri (le "strategie dominanti"). I giochi studiati da Von Neumann erano in vece "a somma zero", dove la vittoria di uno dei due corrisponde necessariamente alla sconfitta dell'altro. L'equilibrio di Nash, insieme al teorema del minimax di Von Neumann, è oggi uno dei cardini della teoria dei giochi e si applica costantemente ai campi più disparati: dall'economia alla biologia.

Poco dopo questo risultato, non subito riconosciuto importante dalla comunità dei matematici, Nash si dedicò alla matematica pura dimostrando un teorema sulle varietà algebriche. Iniziò poi una fase piuttosto tormentata della sua vita privata, con la malattia forse in stato latente. Ebbe una relazione con un'infermiera di nome Eleanor, da cui ebbe un figlio (John David) con il quale non riuscirà mai ad avere un rapporto sereno, neanche dopo la malattia. Nash si comportava, come al solito, con cinismo e crudeltà, nascondendo la sua relazione e rifiutandosi di sposare Eleanor o almeno di provvedere al bambino, viste le difficoltà economiche di Eleanor. Tanto che John David dovette essere dato in affidamento!

Iniziò a frequentare Jack, uno studente del MIT (Massachussets Institue of Technology) dove Nash insegnava, con il quale manifestava tutti i segni di una relazione omosessuale, nel frattempo continuava il suo assurdo atteggiamento nei confronti di Eleanor e del bambino. Nel 1954 perse il posto alla RAND per essere stato arrestato in flagranza di reato di atti osceni con un uomo.

Conobbe Alicia Larde, studentessa al MIT, che diventerà sua moglie, e rifiutò una prima offerta all'Institute for Advanced Study di Princeton, dopo alcune brillanti dimostrazioni di teoremi di esistenza e continuità. Venne però superato dall'italiano Ennio De Giorgi, un'umiliazione che segnò molto la stabilità di John, soprattutto per la mancata possibilità di vincere la medaglia Fields, il Nobel della matematica.

Non sappiamo se l'atmosfera di segreto e di tensione per la guerra fredda e le strategie atomiche che aveva respirato alla RAND o la tensione per la medaglia Fields o la nuova idea grandiosa a cui stava lavorando (la dimostrazione della celebre congettura di Riemann) accelerarono la malattia, ma nel 1958 "all'età di 30 anni, Nash soffrì del primo, devastante episodio di schizofrenia paranoide-allucinatoria, la più catastrofica, mutevole e misteriosa delle malattie mentali".

"John entrò nella sala professori [...] teneva in mano una copia del New York Times. [...] Disse che le potenze aliene, o forse si trattava dei governi stranieri, comunicavano con lui attraverso il giornale. I messaggi, indirizzati solo a lui, erano scritti in codice e richiedevano un'attenta analisi". Nash terrà delle disastrose conferenze sulla congettura di Riemann, mostrando una matematica ormai senza senso. Era ossessionato dalla numerologia, dalla politica internazionale, dalla necessità di un governo mondiale e presto Alicia si rese conto che John doveva essere ricoverato. Terminato il periodo di osservazione e apparentemente migliorato, Nash fece un lungo viaggio in Europa portando con sé Alicia, che aveva intanto partorito John Charles Nash. Nella città di Lussenburgo, all'insaputa di Alicia, John chiese senza successo di rinunciare alla cittadinanza americana. Cercò di fare lo stesso a Ginevra dove venne arrestato per la seconda volta ed espulso. Riuscirà addirittura a oltrepassare il confine della Germania Est (era il 1960!) recandosi a Lipsia. Ricominciò a scrivere lettere surreali a capi di stato, ambasciatori, intrecciando in un linguaggio comprensibile solo a lui argomenti di teoria dei numeri e di politica, incollandovi biglietti della metropolitana e ritagli di ogni genere.

Tornato in America, "l'uomo che passeggiava su e giù per la via principale di Princeton nella soffocante estate del 1960 era chiaramente malato di mente. Entrava nei ristoranti a piedi nudi. Con i capelli lunghi fin sulle spalle e una barba altrettanto nera e cespugliosa, aveva un'espressione attonita, lo sguardo privo di vita. [...] Portava con sé un taccuino d'appunti intitolato ZERO ASSOLUTO (su cui appiccicava ogni genere di cose) forse in riferimento alla temperatura più bassa alla quale tutte le attività cessano".

Nash non era del tutto inconsapevole: secondo Burton Randol, allora studente del primo anno, "sapeva di essere pazzo e vi faceva sopra delle battute". Poco tempo prima del secondo ricovero, coperto di graffi e storpiando il suo nome disse "Johann von Nassau è stato cattivo. Adesso vengono a prendermi". Il secondo ricovero fu più drammatico, Nash venne portato in un ospedale statale famigerato per il sovraffollamento e per le terapie di shock che vi erano praticate. Subì infatti il coma insulinico. "Molto spesso, durante la fase comatosa, i pazienti la cui glicemia era calata troppo in fretta soffrivano di crisi spontanee, dibattendosi e mordendosi la lingua. Non era insolito che si spezzassero le ossa". Con queste parole un paziente ricorda il risveglio quotidiano dal coma: "Irrompere tra i primi strati inzuppati di consapevolezza ... l'odore della lana fresca ... mi fanno tornare ogni giorno, giorno dopo giorno, dal nulla. La nausea, il sapore del sangue in bocca, la lingua scorticata. Oggi l'apribocca dev'esere scivolato. Il dolore nebbioso nella testa ... questa era la mia ininterotta routine per tre mesi ... molto poco è chiaro in rettrospettiva, tranne il dolore di emergere dallo shock ogni giorno".

Seguirono quelli che lo stesso Nash ricorda come "intermezzi obbligati di razionalità", durante i quali si mise al lavoro su un saggio di fluidodinamica iniziato già in ospedale. Ma la paranoia era sempre in agguato: presto sentì di nuovo un desiderio irrefrenabile di fuggire: tornò in Europa e alla follia. Seguì ancora un ricovero, poi ancora un ritorno al pensiero lucido, durante il quale lavorò alle varietà algebriche e insegnò a Princeton. Nel frattempo Alicia, che a lungo aveva cercato di salvare la mente di John, aveva chiesto il divorzio, considerate la decadenza del loro rapporto anche nei periodi di lucidità e la presenza del bambino. John Charles svilupperà lo stesso male di Nash, in modo forse più grave e irreversibile.

Mentre sperava di riconciliarsi con Alicia, John ricadde per l'ennesima volta nel suo mondo di allucinazioni e di viaggi impossibili alla ricerca di asilo. Fece anche tappa a Roma, poco dopo di nuovo in clinica. A Boston rivide Eleanor e John David. Tornò alla matematica con un saggio sull'analiticità delle soluzioni di problemi di funzione implicita. Invecchiato, sebbene ancora quarantenne, nel 1968 andò a Roanoke con la madre e dopo l'ennesimo ricovero, ad opera anche della sorella Martha, e la morte della madre ruppe i rapporti con Martha e tornò a Princeton, dove divenne "lo spettro di Fine Hall". Irriconoscibile, vagava per le stanze lasciando i suoi messaggi deliranti sulle lavagne.

Ma qualcosa stava cambiando, nonostante l'evidente stato mentale alterato, James Glass sostiene che Princeton "sembrava servire da luogo di contenimento della sua follia [...] essere più libero di esprimersi, senza il timore che qualcuno lo zittisse o lo riempisse di farmaci, deve averlo aiutato a uscire dalla disastrosa reclusione in un isolamento linguistico ermetico". Negli ani '70 iniziò anche ad interessarsi di computer e Alicia lo riprese con sé. Nel 1978 Nash ottenne il suo primo riconoscimento ufficiale: il John Von Neumann Theory Prize, per il suo lavoro sull'equilibrio non cooperativo, ma non fu invitato alla cerimonia. Alan Hoffman andò a Princeton a consegnargli il premio ritirato per lui: "Nash se ne stava seduto in un angolo [...] vedere quell'uomo, un vero genio, agire a livello subadolescenziale è stata un'esperienza veramente tragica".

Negli anni '80 - '90, ormai avviato verso una lenta e inspiegabile guarigione, Nash era pressocchè sconosciuto ai nuovi studenti, mentre i testi di economia già riportavano le sue soluzioni di equilibrio come un dato assodato. Molti lo credevano morto o perduto in qualche manicomio. L'assegnazione del premio Nobel fu piuttosto controversa e l'inviato dell'Accademia Svedese Jörgen Weibull ricorda un episodio che "lo trasformò da osservatore imparziale e informatore oggettivo in ardente sostenitore": prima di pranzare al club Nash chiese se poteva entrare, visto che non era della facoltà. "Che quest'uomo immenso non pensasse di avere il diritto di mangiare nel club della facoltà parve a Weibull un'ingiustizia che esigeva una riparazione".

Nel 1995 Nash, sia pure soddisfatto del suo ritorno al pensiero lucido, disse piuttosto impietosamente che non era poi così bello essere ricordato per qualcosa fatto prima di ammalarsi. La cosa veramente emozionante sarebbe stato produrre risultati importanti dopo la guarigione. Infatti nella breve autobiografia scritta in occasione del Nobel, aveva scritto: "Statisticamente, sembrerebbe improbabile che un matematico o uno scienziato, all'età di 66 anni, riuscisse attraverso continui tentativi di ricerca, ad aggiungere molto ai suoi risultati precedenti. Comunque io ci sto ancora provando ed è concepibile che per il periodo di vuoto di circa 25 anni [...] che ha costituito una sorta di vacanza la mia situazione possa essere atipica. Così spero di riuscire a ottenere qualcosa di valido nei miei studi attuali o con qualsiasi idea che verrà in futuro".

A cura di Angelo Mastroianni